venerdì 25 febbraio 2011

Potatura

È tempo di potatura, e devo necessariamente accingermi anch’io a potare qualche alberello…
Ritrovo queste mie righe di un anno fa, che pare un millennio:

Nei giorni scorsi il mio amico Nello ha potato.
Vedo i mucchietti dei rami recisi, ben allineati come un anziano, esperto, sa.
E' un maestro Nello, nel suo campo: avrà imparato dalla consuetudine, dalla tradizione di famiglia, dal vivere.
Ha lavorato al freddo, ma non poteva certo attendere primavera. Sa che proprio in pieno inverno, al momento che tutto è morto, va reciso quel rimasuglio di vita precedente.

E certo la pianta soffre, e se potesse urlerebbe: per questo va potata a perfezione, ci vuole un bravo potatore.

Ad ogni terrestre latitudine, ciascuno sa quando è il tempo di potare, sa che potare è indispensabile, sa che una perfetta potatura è arte, e aumenterà i frutti nella buona stagione.

Deve essere vero che l'universo risponde a regole superiori, nulla è al caso.
Il mondo vegetale e il mondo umano, qui in un perfetto parallelismo.

Scoprirsi in pieno inverno, al gelo, e soprattutto potati drasticamente.
Nel silenzio, nella solitudine.
Come in certe mattine invernali in cui l'alba pare tardare, e tutto tace, nella natura.
E tutto è solo.
Anche se poi in realtà l'alba non tarda mai, ha il suo tempo, ma è la sensazione dell'uomo ansioso di tepore e luce, che la rende tale.

Poi l'alba viene, arriva primavera, esplode estate.
E si gode di fiori prima, e di frutti poi: colori, profumi, sapori.
Tutti i sensi in festa.

Ma intanto è inverno, ancora.

E il solo modo di vivere, saggio, pare sia imitare la fiducia con cui le piante si pongono nelle mani del bravo potatore.
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Oggi rileggo, mi fermo, rifletto. Son passati dodici mesi: 365 notti, e giorni.

Nulla è cambiato del mio vivere. La solitudine è sempre quella, e il dolore col tempo si acuisce, non cessa affatto.
La salute ha subito tanti attacchi, e certo un anno in più si sente.

Ma dentro c’è qualcosa di nuovo.
Il “come” vivere il dolore.
Un Paolo diverso, una consapevolezza antica e appena nata.
Quasi una primavera che segue l’inverno.

Questa drammatica potatura pare aver sortito effetti. Il sangue prende altre vie.
Ho un brivido dentro, a questo punto la posta è la vita. Il rush finale.
Tutto mi appare più grande di me, ma ci sto bene.

(foto mia: Umbria, alba del 17 gennaio 2011)

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