giovedì 21 dicembre 2017

Matteo Ricci, maceratese del XVI° secolo

Qualche sera fa mi son trovato a scrivere, su uno dei tanti gruppi whatsapp che ancora frequento (qualcuno l'ho tagliato che non ce la facevo più per le banalità), con dei cari amici, del mondo pre-cristiano e del mondo post-cristiano. Di come fossero perfette le parole dell'apostolo Paolo riguardo al "farsi tutto a tutti" per lo scopo prefisso. E di come l'inculturazione, inventata dai gesuiti e incarnata dal mio lontanissimo parente fra' Matteo Ricci nella Cina del sedicesimo secolo, fosse opportuna e funzionale (lo scopo... il fine ultimo, sempre quello: il Dio di Gesù Cristo).
Credo che a Matteo e ai suoi compagni si riferisca Battiato, quando cerca un Centro di gravità permanente: "Gesuiti, euclidei, vestiti come dei bonzi per entrare a corte degli imperatori della dinastia dei Ming".
La storia (Ludwig Hertling, Storia della Chiesa, Città Nuova ed. 1967) narra che Matteo, accompagnato dal confratello Michele Ruggieri, "Si presentò vestito da dotto cinese ma,..., non nascose la propria identità. Parlava e scriveva il cinese classico e con le sue cognizioni matematica, astronomia e geografia, seppe rendersi utile al governo, tanto che non fu opposta alcuna difficoltà alla sua predicazione del Vangelo".
La cosa che più mi piace di quest'uomo è sì l'intelligenza, ma specie l'amore concreto, reale, nell'entrare in una cultura difficilissima per un occidentale. Un grande lavoro con una fatica immensa.
Aveva dinanzi un mondo che non conosceva Cristo, è stato accolto come un grande (tale era) venuto da lontano, che amava genti lontane e sconosciute e aveva imparato lingua, costumi, tutto. Pur senza Wikipedia e il web.

Ma il mondo è davvero molto cambiato, specie qui nella vecchia Europa. Il mondo post-cristiano, in cui oramai viviamo immersi senza nemmeno più accorgercene, proprio stasera mi è esploso sotto gli occhi, e nel cuore.
Alla festa del nido della mia nipotina (due anni il prossimo 22 gennaio). Festa di Natale (forse dovrei metterlo minuscolo: natale) in cui le maestre, bravissime, preziose, hanno messo in piedi un festeggiamento di Natale parlando di auguri, festa, regali, anche famiglia. Mai nominato Gesù, che pure è bambino in questo evento, vicinissimo a quelle creature... Sembrava di stare non in Italia ma forse nei paesi scandinavi, dove tutto è assolutamente "politically correct", asettico (anomalo, tra i presenti non mi è parso di notare non italiani, quindi probabilmente tutti battezzati).
Questo il post-cristiano, ci siamo. Era scritto, mi sembra. La vecchia Europa al tracollo: tutti lo dicono, pur da punti di vista diversi.

E questo non credo richieda inculturazione. Ci vuole altro, dinanzi al rigetto del Vangelo, con annessi e connessi. Mio padre, uomo antico, saggio e onesto, citava un detto ricorrente: fai quel che il prete dice, non quel che il prete fa. Ma qui siamo oltre: si rigetta non la incoerenza, ma tutto. E lo rigetta chi ha in qualche modo conosciuto il cristianesimo. Credo ci siano grosse responsabilità in ognuno di noi credenti, in questo.
Ma se di testimonianza si è mancato, credo di testimonianza si debba crescere. Gli Atti degli Apostoli sono chiari: "Guardate come si amano". Non serve qui vestirsi da bonzi per entrare a corte imperiale. Necessita aderenza assoluta e non dubbia al Vangelo dei padri. Servono i fatti chiari, nitidi, e forse anche pubblici. Pur che non piacciono alla cultura dominante.

P.S. a proposito di WA: mi son reso conto di come sia cambiato il mio mondo comunicativo - ma forse di tanti - senza colpo ferire. Per anni, credo circa dal 1996 - il mio primo faticatissimo web, la posta elettronica mi è stata fondamentale nella comunicazione. Specie nei tempi recenti.
Oggi quelle poche email che ancora girano le vedo dallo smartphone in anteprima, e tutto ruota attorno a whatsapp. Pure troppo, vedo intorno dipendenze diffuse. 
Cosa arriverà a breve, a soppiantare un WA divenuto antiquato?

martedì 19 dicembre 2017

Separati (fedeli?)


Arrivato l’inverno pieno, ecco Natale, ancora.
Dieci anni fa ero in ospedale, in questi giorni, in Neurologia, ricovero d’urgenza per accertamenti. Mi dimisero alla vigilia del Natale, il primo fuori casa, senza una diagnosi certa di quanto era accaduto. E qui, nel mio eremo, all’inizio fu davvero dura, ma non ne ho quasi memoria. Un mattino, col vecchio tetto ora sostituito, al risveglio rilevai 4°C in camera da letto... Vero che la mente umana è selettiva, deve andare avanti e resetta cose spiacevoli.
Fu comunque una sorta di miracolo, sopravvivere col gelo, interno del dolore, ed esterno della casa che andava ancora molto sistemata. Ma all’epoca i prezzi delle case erano alle stelle, e questa mi è toccata col denaro disponibile (oltre al mutuo e un prestito).

Molto è cambiato, quel gelo è stato produttivo, direi. Qualcuno paragonava l’uomo al seme sepolto nella terra, ove l’inverno è davvero duro, col gelo e nel buio assoluto. Ma il seme sta, resiste e produce a tempo debito.

Stasera son rientrato in casa appena imbrunito, con la temperatura esterna che stava già intorno allo zero. Mi son scoperto poca voglia di scendere dalla macchina ed entrare in casa. Mi son detto che tanto nessuna mi aspettava e nessuno si sarebbe accorto se rientravo o meno. Indifferente al mondo? Ho riso, in me. Ma son rientrato, preparato una vaga cena, e messo al lavoro. Ovvero: telefonate inframmezzate da pezzi di opera belliniana. Debbo dire che trovo bellissimo godermi gli applausi a scena aperta a certe arie ben eseguite… la gioia dell’interprete è visibile in qualche caso, e contagiosa. Ed è il risultato di un circolo d’amore, quando il pubblico, ringraziando con entusiastico battimani, dichiara amore a chi si è impegnato per ben cantare, che amore è per il pubblico. Un circolo virtuoso, bello, esemplare.

Il 7 dicembre mi son fortuitamente ritrovato a fare una visita a Loreto. Assolutamente in-programmato, quasi da altrove diretto. Freddo molto, fuori, una ennesima grazia dentro.
Mi son reso conto di stare lì a rappresentare, proprio in quel momento, tutti i separati della terra, in qualche modo. Nella casa della Sacra Famiglia, in una sera speciale. Ad offrire e chiedere, anche.
Perché questo si fa nella casa del Padre, in famiglia. Un circolo d’amore, pure qui, virtuoso.

Eccolo, ancora, l’inverno. Il tempo fugge via, e nulla sopravvive al suo impeto.
Mi accorgo che son due mesi che non pubblico qui sul blog. Ma mai sono stato fermo o altrove, "sto sul pezzo" decisamente e su vari fronti impegnato.
E nel tempo ho capito, alfine, cosa devo fare da grande… eh già! Nel tempo che resta, solo o meno, vivere e lavorare per questa umanità lacerata che risponde al nomignolo (brutto, ma efficace) di separati fedeli. Separati fedeli: qui si può dire, anzi si deve, a chiare lettere! Fedeli al matrimonio – sacramento. Ovvero, come altri fedeli al loro sacramento, fedeli al Dio che ci pensò sin dal seno materno e al suo disegno in cui tutto si ricapitola, il disegno che a volte col vivere di permissioni rendiamo uno scarabocchio informe…

E' un semplice ricambio d'amore, immeritato, nel circolo virtuoso.

(foto mia, Firenze, estate 2017)