domenica 13 novembre 2011

La spina nel cuore


Sono qui davanti al pc e vorrei scrivere, ho molto da dire. Manco oramai da diverso tempo, e nel frattempo ho scritto tanto, ma poi alla fine pare sempre mancare il momento coagulante, il tocco finale che mi consente di pubblicare.

Credo di essere sostanzialmente deconcentrato. Una delle fasi della vita.

Ieri stavo facendo conti dei miei consumi energetici, verificavo la bolletta dell’energia elettrica. Mi son reso conto che la luce si paga: tutta la “luce” si paga. Tutta, specie quella che viene dall’alto. Si paga in sangue, in desolazione. In solitudine. Ed è un bene. È il modo per ricambiare un po’ il Cielo che scende in terra.

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Domenica sono stato a camminare in montagna con un folto gruppo di amici. Un clima bellissimo, tra noi e fuori: sole, un cielo meraviglioso, tanto vento.
Un vento gelido, impietoso. Un vento che evoca paradisi lontani, pur in questo che comunque vivo nel mio presente.

Ho fatto il servizio militare nelle vicinanze di Udine, era il 1975, poco prima del terremoto. Come buona parte dei giovani italiani si finiva ai confini della patria, ove poteva sorgere il pericolo. Uno dei periodi tra i più belli della mia vita. Constatare che Dio è vero, lontano da casa, in una situazione surreale. In una terra, tra gente che ho amato e tanto amo.
E lì, in Friuli, il vento che veniva giù dalle Alpi orientali era un vento gelido, si diceva proveniente dagli Urali. Un vento che ti entrava nel cuore e faceva circolare il sangue accelerato. La nostalgia. La vita pareva dover ancora prendere il suo inizio. A vent’anni hai la storia davanti. Sei giovane, ottimista. Hai tutto nella mente, nel cuore: tutto è possibile. Poi tutto davvero accade, ben oltre la tua immaginazione. Quanto di terribile e inaspettabile.

Anni dopo, rientrato nella vita civile, ad un certo punto, e lo rivedo qui negli occhi come ieri, quel vento parve raggiungermi persino a Roma. Momenti di nostalgia, il Padre nel cuore gelido, l’Amore. Ne scrissi una specie di poesia: “Questo vento mi ricorda Udine…”.

Ecco, camminando avevo il Friuli nel cuore, qui nella mia cara Umbria di oggi. Un vento che entrava nel cuore ed evocava nostalgie, oblii, paradisi. Il sangue che scorreva rapido.
La tramontana, il vento del gelo, sempre mi apre all’Eterno, mi richiama incessante al centro del tutto, alla causa e al fine ultimo. Essì che non ho più vent’anni, sono nonno, la salute scema, è iniziata la discesa. Quasi da dire che ho la vita alle spalle. Ma nel mio presente ogni volta ritrovo la giovinezza di Dio. Le ragioni del mio ancora essere qui, in terra.

Rientrando a casa, era già notte, una luna indicibile si faceva largo tra i monti. Grande, bella, luminosa. Straziante.

Scrivo, ascolto un grande jazz. Cosa di più struggente, a sera, di un magistrale sax. È arrivato il freddo e questo sassofono mi suona dentro, nelle profondità remote.
La tramontana, la nostalgia. La spina nel cuore.

“Quanto a me, ho una spina nel cuore” dice Paolo, l’apostolo delle genti, il grande Paolo.
Anch’io ho una mia piccola spina nel cuore. La mia sposa, lontana.
Nostalgia grande, tutto canta di lei. Come non pensarla, come non desiderare il suo, il "nostro paradiso"?
Tutto talmente lontano, irrealizzabile. Un sogno? Forse un miracolo?

Parlando di miracoli, tempo fa un caro amico mi fece presente che Iddio ha le mani legate, con gli umani. Nulla può. Ci ha donato la libertà, il dono più grande, questa benedetta libertà di cui tutti qui in terra si approfitta.

Penso a Paolo che cade da cavallo sulla via di Damasco, che pare smentire il mio autorevole amico.
Non so, non capisco di teologia.
Mi limito a vivere l’oggi. Nell’attesa amante.
Un po’ come il Padre, sulla torre, col cuore dilaniato e dilatato...

(foto mia, Umbria 2006)

martedì 1 novembre 2011

Non ho parole

Son rientrato da una giornata piena, coinvolgente, bella. Di donazione direi totale (non ero il solo: in tanti, ciascuno faceva la sua parte). Un convegno con tante persone, mi si è chiesto di fare delle foto da fruire subito, appena terminato. Insomma, in tempo reale. Col digitale oggi si può fare bene.

E pensare che trentatre anni fa, in situazioni analoghe che duravano più giorni, allestii una camera oscura negli spogliatoi di un palazzetto dello sport, per lavorare in tempi rapidissimi le foto scattate in giornata. Si sviluppava e stampava di notte quanto ripreso di giorno. Le foto servivano al giornale quotidiano che veniva stampato nottetempo e poi confezionato e pronto per la distribuzione il mattino seguente alle 8. Chissà come facevamo?

Una signora mi ferma per dirmi che è stata ad osservarmi, e ha visto una luce speciale nei miei occhi, mentre ero occupato nel fotografare. Me ne ringrazia. Deve aver ragione, in qualche modo, perché sto veramente bene. Certo, il tempo fugge via, indefinibile, e io lo fermo, lo passo alla storia in un "click". Ogni foto un atto d’amore, un attimo che rendo eterno.
D'altronde so cosa vivo, come lo vivo. E non mi riconosco quasi più. O forse: comincio finalmente a conoscermi. E solo posso dire: "Abbà Padre, grazie!"

Rientro a casa, ho un istante di tristezza, un piccolo istante. Sono comunque solo.
Penso a quante volte devo aver detto nella vita, sin da giovane: “Signore dammi tutti i soli!”, ri-vivendo altrui esperienze che in me hanno lasciato segno profondo. Preso in parola! E come si potrebbe entrare nel pieno del dolore del cuore degli uomini, che in fondo sono soli tutti, se non attraverso il buco nero del proprio? Ecco, ci siamo.

Quattro anni fa, appena arrivato qui nell’eremo, nel momento più drammatico, in solitudine estrema, con casa spoglia da mettere su, senza telefono né web, con freddo terribile e col tetto che ogni tanto veniva trafitto dalla pioggia… accadde di leggere su Città Nuova di un signore che viveva solo, ma asseriva di non esserlo affatto, in realtà. Diceva che erano almeno in sei, nella sua solitudine "apparente".
Lui, la Trinità, Maria, l’angelo custode.
A me poi piace pensare che nei paraggi capiti pure qualche santo di passaggio.
Ho tanti amici oramai lissù. Se loro mi hanno in cuore come li ho io, qui c’è un traffico incredibile!

Vado a vedere la posta della giornata. Da stamani diverse mail importanti, che mi toccano.
Un’amica mi scrive: “GRAZIE ! ... del tuo esserci, del tuo crederci, del tuo offrirti!”
Da un amico lontano, e solo anch’egli, lo scritto di una sua esperienza di vita. Una storia bellissima, Iddio che si manifesta nei modi più incredibili.
Mi commuovo, inevitabile.

E non posso non chiedermi, ancora: chi sono io, per tutto questo?
Non ho parole, non ho risposte.

Forse è il nulla che avanza, quello sì, che lascia spazio al Cielo...

(foto mia, Umbria, 2006)