martedì 3 dicembre 2019

Le notti, la notte...


Non tutti i giorni sono eguali, e questo credo tutti lo sappiamo.
Non pure tutte le notti, presumo, anche se oramai sono rari i sogni, o forse meglio, il ricordo di essi.
La notte, la realtà più importante per un separato, direi.
Queste notti solitarie, in cui da sedici anni oramai - non certo record, conosco tanta gente che mi ha pure doppiato! - ragiono solo col mio Dio, con la mia Madre vicina, col mio fratello maggiore Gesù.
Queste notti che divengono sacre, nel mettersi nel cuore della Trinità, in maniera a volte pure inconsapevole, quando la stanchezza prevarica nel chiuderti gli occhi senza accorgertene.
Queste notti che altri altrove altrimenti vivono, sono un fondamento.
Che non si affronta il buio, questo buio che rasenta l'esistenziale a volte, senza un minimo di certezze, per quanto sempre sotto attacco.
Tornare dagli inferi, insegna il grande Silone, è una responsabilità: hai il dovere di raccontare.
Raccontare, dire, svegliare se possibile. Divieni profeta, e certo pochi ti ascoltano, ancor meno imparano dal tuo sangue.
D'altronde, i tempi pare siano cambiati, questa è l'epoca delle esperienze personali, non si crede a niente e nessuno, bisogna passarci dentro. Certo, bel miracolo se e quando ne vieni fuori. Ma sempre meno mi sembrano i risorti.
Inesorabile, la notte avanza. E bisogna farne esperienza, davvero, mai si termina.
Sto leggendo un libro notevole, che ragiona anche di questo: di Ezio Aceti e Jesus Moran, Verso l'uomo. Già il titolo intrigante, poi questo scrivere a quattro mani di persone che ben conosco, fa il resto. La notte c'entra, con l'uomo di oggi, eccome.
Vedo positivo il parlarne, troppi ancora non si rendono conto, continuano a vivere nei miti di ieri e dell'altro ieri. Parlarne per prenderne le misure, capire, entrarci dentro consapevoli.
Certo, so di essere un privilegiato, da questo punto di vista.
Col cuore lacerato ed un passato di vario genere, arrivo ad affrontare il presente, e specie la notte avanzante, con una consapevolezza intima e radicata, mi pare.
Quel che accadrà ancora non so.
Oggi, stanotte, la certezza della salute mia che degrada, lenta forse, ma inesorabile, e specie quella dei figli. Oggi con due dei tre figli in ospedale, chi da una parte del mondo e chi dall'altra, chi accudita e chi un pò meno, per motivi contingenti.
Che fare?
Inerme, qui nell'eremo, solo offrire la tua notte puoi, ancora, alfine.

(foto mia, una notte di Fatima, 2017)




domenica 1 settembre 2019

Ma mica sei normale!



Primo settembre, domenica, mattina. Qui da me ci sta un clima meraviglioso, ora, seppure con una certa umidità nell'aere, forse ripioverà nel pomeriggio. Ma è ventilato, in terrazza si sta una goduria, son qui a scrivere, anzi a meditare e poi scrivere.
Accade che incontri creature deliziose che ti raccontano, a freddo, particolari della propria esistenza, e intuisci che forse non è casuale. Che parrebbe essere un tentativo di confidenza ulteriore, forse un approccio.
E qui solo in Cielo sanno quel che vivo. Il tempo galoppa, sempre più, la solitudine si sente, a volte pare spaccare il cuore, pesa. Manca la condivisione, quella gioiosa ma persino quando litigiosa: condivisione di vita è pure litigare, se e quando necessita. Solitudine vissuta in un matrimonio atipico, come da innumerevole tempo oramai. Nella gioia di poter chiamare Dio col nome familiare di Padre. E pure nella certezza di fare le cose giuste, anzi la sola cosa giusta possibile. Sposato sono, vivo con l'anello nuziale all'anulare sinistro. D'altronde il matrimonio cristiano è con il coniuge, anche, ma è ben altro, è impegno con Dio. La natura del separato che permane nel suo matrimonio, in nome del sacramento ricevuto e del connubio primario col suo Dio, è di norma, sovrapponibile molto bene all'Abbandonato. Ci sta una sostanzialmente precisa coincidenza, basta aprire occhi e cuore e farne esperienza. Vivere nella propria carne il Dio di questa tormentata epoca è di fatto una grazia.
Vero è che paio sprecato, in diversi me lo ripetono. Sprecato, che tanto potrei dare e fare, riciclandomi in altro rapporto. D'altronde sono stato "abbandonato" e oggi pare pure cambiare l'atteggiamento di una certa chiesa "divenuta" comprensiva, tollerante, misericordiosa, per via di tale "etica della situazione"...
E tutte queste consapevolezze, che vanno affrontate e non eluse, fanno bene al cuore. Sì, perché come diceva qualcuna, bisogna vivere qui, oggi, col cuore di là: avere il senso dell'Eterno in ogni momento presente in terra.
Passa presto la scena di questo mondo.

Ho di recente visto su youtube una commedia di Eduardo: Sabato, domenica e lunedì, con regia televisiva di Paolo Sorrentino, interprete il grande Beppe Servillo. Una storia umana, bellissima. Consiglio di vederla, si reperisce facilmente, son due ore abbondanti di grande teatro!

Da qualche tempo, credo un anno, oramai, i miei capelli crescono crescono crescono. Alla mia età pare cosa disdicevole, e forse pure lo è. La verità è che mi sto divertendo assai, per quanto scomodo e impegnativo. Ma con le scemenze che si fanno nel mondo, a tutti i livelli e di ogni genere, una posso farla pure io? Fatemi partecipare! D'altronde, l'eventuale negativo lo pago solo io, mi sembra.
Accade che qualcuno, molto bonariamente e con affetto, di tanto in tanto mi fa: "Ma mica sei normale!?" (in realtà forse riferito più al mio stato di vita che ai capelli...) Normale a me? Un tempo mi pareva un problema, non sentirmi "nella norma", specie quando ero giovane. Poi ci son passato, "nella norma" per circa un ventennio, probabilmente inevitabile per giungere a capire, e son tornato abbastanza anomalo, vivaddio.
No, non sono normale. E comunque non sono solo, sto in ottima compagnia, molti più di quanto appaia o i media facciano conoscere. Una realtà silenziosa e dimenticata dal mondo, ma poco cambia.
Davvero, passa presto la scena di questo mondo.

(foto mia, Firenze 2017)

domenica 18 agosto 2019

Pure i girasoli muoiono?

Ho sessantacinque anni (arghhhh! tantissimi e sono ancora incredibilmente vivo...) ho tre figli, cinque nipoti, una sposa stupenda (a volte mi pare di saperlo solo io, ma è un segreto che ben condivido con voi) per quanto altrove...
Trentacinque anni fa, nasceva una delle mie figlie, era domenica, ora di pranzo. Nel primo pomeriggio ero stato convocato ad un appuntamento con la storia (>> 19agosto1984) e mi sembrava di non poter mancare, anzi di non dover mancare, sempre con la mia macchina fotografica in azione. Andai, fu una bella impresa. Vai nella storia ed hai una figlia appena nata... vi confido che ero lì, stavo per chiedere di battezzarla all'erede di Pietro, l'amato GPII. Lui avrebbe riso a quel fuori programma, ed acconsentito volentieri; io sarei stato strillato, molto probabilmente. Comunque non è avvenuto, è uguale. Il battesimo di questa creatura non è cambiato in nulla.

Ho un vissuto da bighellone, spesso anche un presente, forse sempre meno.
Certe volte però non posso non mettermi dinanzi a Dio, e tentare di calarmi nel suo volere, per quanto dolorosissimo. Di recente ho vissuto realtà da cui son venuto via con le parole in me prepotenti del poeta De André, in una canzone di migliaia di anni fa: "Ma io senza legge rubai in nome mio, quegli altri nel nome di Dio". Ovvero, risuona: "quegli altri nel nome di Dio": che magari non è nemmeno "il fine che giustifica i mezzi" ma banalmente un tentativo di alibi. Quante nefandezze si compiono In nome di Dio? che sia davvero così, o sia un robusto alibi... nefandezza rimane e non si sa quale peggiore: comunque, terribilmente immorale per un cristiano (vero). Ho dovuto pormi, ancora una volta, dinanzi a Dio, oltre il mio desiderio di pace, e accollarmi compiti che vanno ben oltre me.

Stamani son passato dopo diverso tempo nel mezzo di campi di girasole: girasoli irriconoscibili avvizziti secchi moribondi. Eppure solo ora daranno frutto.
Tanto bello il girasole nel pieno dei suoi colori, quanto rende ora che tutto pare dire morte. Questo il vivere, di cui troppo spesso si dimentica la dimensione esatta. Altro che affermare il sé, con o senza alibi. La sola cosa che ha futuro, e che porta frutto, è il morire. Ma morire bene, come raccomandava il mio amico Attilio. Sennò sei un rifiuto, buono solo a finire nel fuoco.

(foto mia, oggi, campagna umbra... molto più facile e bello fotografare girasoli nel pieno splendore!)

giovedì 20 giugno 2019

Perché???

Sto bloccato, nello scrivere qui: evidente.
Le motivazioni alla fine forse non le so nemmeno io, o forse non le voglio sapere.
Centomila motivi, più o meno validi, più o meno veri.
Stanchezza, fase della vita diversa, troppe cose che mi prendono, troppe cose che inizio e rischio di non terminare, distrazioni, impegni vari e nuovi. Crisi di identità (?) a questo punto dell'esistere. Conti da fare ogni giorno, nuovi. Ricerca di nuove strade, nuovi orizzonti. Insoddisfazione del proprio scrivere.
E dovrei confessare che quasi giornalmente mi viene il pensiero, lo scrupolo, di essere qui presente: se non altro per una sorta di dovere morale verso i tantissimi che vedo leggermi, accedere qui in cerca di qualcosa di nuovo, probabilmente, anche.

Stanchezza certamente, una stanchezza esistenziale, che forse prende a tutti con l'avanzare degli anni. Certo poi acuita dalla solitudine che ogni giorno e ogni notte, per quanto oramai abituale e comunque ben vissuta, diviene sempre più acuta, stringente.
E poi chiedersi, ancora: perché?
E la risposta, conosciuta ma ora limpida come non mai: qualcuno doveva andare.
Qualcuno doveva vivere la vita degli uomini, fuori dalle sacrestie, lontano dall'inebriante profumo dell'incenso, fuori dal mondo protetto dei buoni sentimenti.
Qualcuno doveva andare, agli ultimi confini della terra, a sapere, a toccare con mano, a sudare sangue, ad immergersi nel fango come sabbia mobile.
E in questa epoca che urge testimoni e non più teorici, inevitabile.
Qualcuno doveva andare, ed è andato.
Naturalmente pienamente incosciente. Magari avendo detto un sì da bambino, e forse poi dimenticato nel vissuto.
Ma tutto riemerge, sempre ritorna il passato, quello vero, quello che riporta direttamente al centro del cuore di Dio. Lì dove dall'eterno ciascuno sta pensato ed amato, nella diversità che è virtù, immagine del nostro Dio trino e uno.
E poi vien fuori, come da temporalesche nubi squarciate, che il disegno era questo, terribile e unico e stupefacente.
Essì, nessuno di noi separati (separati intendo come categoria dello spirito, che comprende ben oltre quel che si direbbe a prima vista) poteva immaginare. E chi si sposa pensando al dolore e alla malattia? e chi prende i voti sognando l'anima squarciata?
Eppure eccoci qui, pur che siamo polvere che finisce. Siamo nulla eppure siamo nell'eterno, se e quando lo vogliamo.
Sappiamo oramai, specie in questa straziata epoca, della presenza di Dio nel dolore nostro e altrui, nel dolore della lontananza da Dio, in tutto ciò che si definisce "permissione di Dio".
E ritrovarsi "scelti", per lo più obtorto collo - come me, sprofonda in un abisso che è vetta: tocchi la tua nullitudine, devi imparare a convivere con la coscienza di un Dio vicino e vero, imprevisto e impensabile, un tempo. Un Dio che fa i miracoli attraverso te, proprio tramite le tue pochezze, i miracoli dell'amore impossibile, del sorriso gratuito, del sangue senza ritorno alcuno, dello stare sul Golgota, amanti.
* * *
PS: E un grazie alla mia cara amica "Maria", che stamani mi ha scritto:
"Stanotte non dormivo, come spesso mi succede, ho cercato nel cellulare letture per non sentire il dolore che mi assale nel buio e sono entrata nel tuo blog per vedere se c'era qualcosa di nuovo come avevi promesso....niente!...allora ho riletto gli ultimi articoli e ho trovato molte cose che non avevo mai visto come alcuni tuoi video....hai un'anima veramente bella e soprattutto hai la capacità di mostrarla e di donarla...aspettiamo il tuo ritorno sul blog....grazie per aver allontanato un po' di buio dalla mia notte 💡🔭✨"

(Foto mia, La Verna, pochi giorni or sono...)