Nei giorni scorsi, dopo la spesa al supermarket son passato un attimo da mia figlia, portando qualcosa di buono per Tio, il nipotino “grande”, credo fossero delle tavolette di Kinder. Lui non le aveva mai viste ma ha capito subito che era roba buona e abbiamo imparato insieme a mangiarle. Gli ho consigliato di mangiarle col pane, come sovente faccio io con la cioccolata, come avrebbe fatto mio padre. Lui ha decisamente apprezzato: “Molto buono!”
Qualche sera dopo ho accompagnato lui e la mamma in biblioteca, si dovevano restituire dei libretti in prestito e sceglierne di nuovi. Aveva imparato la strada, è entrato spedito bypassando la segreteria…
Poi abbiamo atteso insieme in macchina la mamma che era a fare delle commissioni. Avevo un giovane Pavarotti in Donizetti, “L’elisir d’amore”, che suonava di sottofondo. Pezzi corali, andanti, spiritosi. Ho alzato il volume, ho scimmiottato la direzione dell’orchestra, ho canticchiato al ritmo del disco… e lui si è divertito come non mai, ha preso a seguire il ritmo e canticchiare con me. E la mamma quando è tornata non capiva cosa stesse succedendo in macchina, si è trovata dentro una discoteca di lirica!
L’imprinting. Credo sia davvero importante, nella fase in cui una creatura è ancora un libro bianco tutto da scrivere. Con questi nipoti ho una consapevolezza nuova, diversa rispetto ai figli. È diversa la mia responsabilità, certamente. Ma soprattutto mi pare di essere io nuovo, arrivato (finalmente!) a non avere più le certezze della gioventù, ad avere occhi e cuore solo per le cose “altre”, quelle che magari da giovane paiono secondarie…
Mia figlia architetto, una volta terminata gli studi, mi ha donato alcuni dei suoi libri universitari più alla mano, alla portata anche di un neofita come me. Pian piano ci sto entrando dentro: se rinascessi mi piacerebbe essere architetto (insieme a diverse altre cose…)!
In un volume molto concentrato di storia dell’architettura moderna, che leggo saltando da Gaudì ad Aalto seguendo l’istinto del momento, proprio nell’ultima pagina trovo una “famosa” constatazione dell’architetto Mies van der Rohe: “Dio è nel dettaglio”.
Questo “dettaglio”, bellissimo, oltre che riferito alle “cose” create dall’Eterno o dall’uomo, mi piace tradurlo nel tempo. Dio è nel dettaglio temporale, ovvero nel momento presente.
In questi giorni che è arrivata la tramontana, che la luce in casa era meravigliosa, che il cuore urla e sente rispondersi “Non è bene che l’uomo sia solo!”, in questi giorni che la stanchezza è prepotente e sarebbe necessario un sano riposo… mi giunge il commento al post precedente di un ignoto (?) amico che mi lascia come centrato al cuore da una freccia scagliata con estrema perizia e saggezza:
“La tua "vittoria", Paolo, pure quando si manifesta dentro il dolore delle sconfitte, è questa apertura alla ricerca di un senso all'esistenza, la ricerca del Senso, e questo, anche se già nella risposta di fede, ha l'intelligenza del non ancora, ed è in questa santa incompletezza il fascino e l'attrattiva di questo tuo dire. Nella sua eco, s'incamminano in ordine sparso i tuoi lettori...”
Grazie, grazie davvero!
(foto mia, Biennale Venezia 2012)
"La solitudine di Adamo" - un'esperienza dell'anima -
RispondiEliminaCome un angelo mi hai toccato la spalla
Ridestandomi dal sonno
Dove riparava il cuore
Con la bocca dischiusa a respiro.
Mi hai portato in “visione” al Giorno di Adamo
L’attesa del plasmarsi di Eva tra le mani di Dio
Nel dono umanizzato dell’Amore.
Ho ascoltato il Silenzio Fuori del Tempo
Il lamento di Adamo nella Prima Solitudine
- Lamento di gioia per la Sposa Promessa -.
Mi hai guidato nell’Abisso Interiore
Dove preme la Parola al Nascere
Mi hai svelato il Tuo Volto
Trafiggendomi gli occhi di Luce
E coprendomi all’ombra di un’Ala
Mi hai lasciato gravido di attese
Fino al giorno del Cielo.
Nel Paradiso le anime si scambieranno parole
Nell’estasi reciproca della Comunicazione
Come noi due
Nel casto raccontarci di ieri.
(Nando)