Scrivo a caldo. Anche se fuori è zero gradi, e siamo nella nebbia assoluta, e comunque in casa non è proprio caldissimo. Ho avuto la fortuna, grande, di partecipare ad un convegno di due giorni ad Assisi. Il tema: “Custodire l’umanità, verso le periferie esistenziali”. Me ne sono scaturiti spunti, riflessioni, verifiche, condivisioni, lacrime. Tento di raccontarvi qualcosa, a caldo. E comincio dalle lacrime.
C'era una mostra di fotografie, anche. Ne son rimasto più che affascinato. Poi è intervenuta l'autrice, Monika Bulaj. Sentirla e captare il suo amore per l'umanità è stato un tutt'uno con la mia commozione. La fotografia ce l'ho nel sangue, e lei pareva l'incarnazione dei miei sogni di fotografo! Non ho potuto non acquistare un suo libro: Genti di Dio (il libri fotografici costano... e quel che mi ha convinto è stato il risuonarmi dentro parole usuali di mio figlio: "se non investi in cultura, in cosa investi?" ). Purtroppo non son riuscito ad abbracciarla e ringraziarla.
Quando a fine giugno sono andato a Taiwan per il matrimonio di mio figlio… ero pronto a tutto, dall’altra parte del globo. Ma poi come sempre accade qualcosa di più, di imprevedibile. A Taipei, una popolosa città orientale in cui i cristiani sono una netta minoranza, nostre amiche hanno individuato una chiesa ove poter celebrare le nozze. Una chiesetta con una particolarità, pare, unica al mondo. Chissà poi perché, cosa muoveva l’architetto… insomma: il Crocifisso sta fuori dalla chiesa, ovvero forse nel posto naturale, in una teorica abside che in realtà non c‘è. La chiesa termina prima, con una vetrata. Da dentro lo si vede, lui da fuori guarda l’interno mentre abbraccia la chiesa e tutto. E poi la vetrata, la vedete nella foto della cerimonia, inizialmente era normale, liscia. Poi è stata trovata in questo modo, così “lavorata”, cristallizzata. Forse un terremoto, forse una pietra, forse reazione del vetro. Fatto sta che ora il tutto è davvero più bello! Sembra un vedere attraverso occhi in lacrime, in una situazione di disfacimento. Mi piace molto. Lì, fuori dalla chiesa, sta ad abbracciare davvero l’umanità tutta. Siamo in Asia, e l’umanità è proprio tanta, bella, giovane.
In questi due giorni ad Assisi mi sono inizialmente e naturalmente trovato vicino ai miei amici: eravamo un bel gruppo, ma qualcosa mi stonava. Ad un certo punto un intervento ha finito di schiudermi gli occhi proprio su quel che vivevo: “Nella modernità l’uomo è fuori, fuori dalla casa del Padre. Come il figliol prodigo…” che sta fuori, lontano, a dilapidare sé e i suoi averi. E il Padre attende: nel dolore, ma attende.
“Esci dalla tua terra!” dispone Dio nella Bibbia. Ovvero: esci dalla tua zona protetta, in cui stai tanto bene. Il separato ci giunge sempre costretto, dal coniuge, dalla legge, dalle circostanze. Ma poi solo importa che diventi amore, che divenga proiezione all’esterno di sé. Questa infatti l’operazione che occorre: uscire fuori, andare nelle periferie esistenziali a vivere la vita degli uomini, ad abbracciare l’umanità da fuori, che da dentro non è possibile: come custodire, accudire, amare… con i muri di mezzo?
Credo di aver già scritto del mio deserto durato venti anni. Un deserto che è stato “agli ultimi confini della terra”, pur che non mi sono quasi mosso geograficamente. Ne ho pubblicamente ringraziato Dio e pure la mia sposa, seppur inconsapevole.
Si avvicina Natale, di nuovo. Mia madre partì alla vigilia del Natale 1996. L'anno dopo, in pieno deserto esistenziale (ma il meglio doveva ancora arrivare!), con questo ulteriore strappo nel cuore, da cose realmente vissute alla stazione Tiburtina a Roma, mi nacque il racconto Christmas. A rileggerlo ora lo trovo molto acerbo nello stile, ma mi stupiscono i contenuti. C'era scritto tutto, o quasi. Questo uscire dal "gruppo", liberi, respirare a pieni polmoni...
Mi vien da sorridere, penso a “San Paolo fuori le mura”, la basilica di Roma. Proprio lui, fuori dalle mura? Coincidenza, per l’uomo che veniva da lontano, arrivava dopo, e parlava ai Gentili, parlava la lingua degli uomini?
E in fondo in fondo questa mia famiglia così martoriata, come le tante e troppe dei separati, nel suo stare “anomala”, fuori dalle mura, forse sta esattamente dove pensa Papa Francesco.
Infatti il Golgota stava proprio fuori Gerusalemme. E il Crocifisso solo lì può stare.
C'era una mostra di fotografie, anche. Ne son rimasto più che affascinato. Poi è intervenuta l'autrice, Monika Bulaj. Sentirla e captare il suo amore per l'umanità è stato un tutt'uno con la mia commozione. La fotografia ce l'ho nel sangue, e lei pareva l'incarnazione dei miei sogni di fotografo! Non ho potuto non acquistare un suo libro: Genti di Dio (il libri fotografici costano... e quel che mi ha convinto è stato il risuonarmi dentro parole usuali di mio figlio: "se non investi in cultura, in cosa investi?" ). Purtroppo non son riuscito ad abbracciarla e ringraziarla.
Quando a fine giugno sono andato a Taiwan per il matrimonio di mio figlio… ero pronto a tutto, dall’altra parte del globo. Ma poi come sempre accade qualcosa di più, di imprevedibile. A Taipei, una popolosa città orientale in cui i cristiani sono una netta minoranza, nostre amiche hanno individuato una chiesa ove poter celebrare le nozze. Una chiesetta con una particolarità, pare, unica al mondo. Chissà poi perché, cosa muoveva l’architetto… insomma: il Crocifisso sta fuori dalla chiesa, ovvero forse nel posto naturale, in una teorica abside che in realtà non c‘è. La chiesa termina prima, con una vetrata. Da dentro lo si vede, lui da fuori guarda l’interno mentre abbraccia la chiesa e tutto. E poi la vetrata, la vedete nella foto della cerimonia, inizialmente era normale, liscia. Poi è stata trovata in questo modo, così “lavorata”, cristallizzata. Forse un terremoto, forse una pietra, forse reazione del vetro. Fatto sta che ora il tutto è davvero più bello! Sembra un vedere attraverso occhi in lacrime, in una situazione di disfacimento. Mi piace molto. Lì, fuori dalla chiesa, sta ad abbracciare davvero l’umanità tutta. Siamo in Asia, e l’umanità è proprio tanta, bella, giovane.
In questi due giorni ad Assisi mi sono inizialmente e naturalmente trovato vicino ai miei amici: eravamo un bel gruppo, ma qualcosa mi stonava. Ad un certo punto un intervento ha finito di schiudermi gli occhi proprio su quel che vivevo: “Nella modernità l’uomo è fuori, fuori dalla casa del Padre. Come il figliol prodigo…” che sta fuori, lontano, a dilapidare sé e i suoi averi. E il Padre attende: nel dolore, ma attende.
“Esci dalla tua terra!” dispone Dio nella Bibbia. Ovvero: esci dalla tua zona protetta, in cui stai tanto bene. Il separato ci giunge sempre costretto, dal coniuge, dalla legge, dalle circostanze. Ma poi solo importa che diventi amore, che divenga proiezione all’esterno di sé. Questa infatti l’operazione che occorre: uscire fuori, andare nelle periferie esistenziali a vivere la vita degli uomini, ad abbracciare l’umanità da fuori, che da dentro non è possibile: come custodire, accudire, amare… con i muri di mezzo?
Credo di aver già scritto del mio deserto durato venti anni. Un deserto che è stato “agli ultimi confini della terra”, pur che non mi sono quasi mosso geograficamente. Ne ho pubblicamente ringraziato Dio e pure la mia sposa, seppur inconsapevole.
Si avvicina Natale, di nuovo. Mia madre partì alla vigilia del Natale 1996. L'anno dopo, in pieno deserto esistenziale (ma il meglio doveva ancora arrivare!), con questo ulteriore strappo nel cuore, da cose realmente vissute alla stazione Tiburtina a Roma, mi nacque il racconto Christmas. A rileggerlo ora lo trovo molto acerbo nello stile, ma mi stupiscono i contenuti. C'era scritto tutto, o quasi. Questo uscire dal "gruppo", liberi, respirare a pieni polmoni...
Mi vien da sorridere, penso a “San Paolo fuori le mura”, la basilica di Roma. Proprio lui, fuori dalle mura? Coincidenza, per l’uomo che veniva da lontano, arrivava dopo, e parlava ai Gentili, parlava la lingua degli uomini?
E in fondo in fondo questa mia famiglia così martoriata, come le tante e troppe dei separati, nel suo stare “anomala”, fuori dalle mura, forse sta esattamente dove pensa Papa Francesco.
Infatti il Golgota stava proprio fuori Gerusalemme. E il Crocifisso solo lì può stare.
Distillatore, Paolo, sei un distillatore di vita, un torchio che macina dolore e bellezza e poi ne doni profumo e sapore ai tuoi lettori; mai uno scritto che non dica qualcosa di significativo, sempre spezzi l'autentico pane della fraternità, perché l’hai impastato con la farina della vita, che tutti ci accomuna, uguali, fratelli.
RispondiEliminaAllora per ricambiare il dono, anch'io condivido qualcosa, la risonanza che le tue parole hanno provocato dentro di me: il crocifisso è fuori perché fuori è il figliol prodigo e, se è vero che il Padre lo attende e lo accoglie "smemorato" del torto subito, è pur vero che ne comprende l’anelito che lo ha spinto fuori, quella fame di vita che è la nostra condanna, l’origine del nostro peccato, la contraddizione dentro cui “moriamo”.
Il Crocifisso è fuori perché la vita accade sempre fuori, come verità o come menzogna, tentazione che irretisce l’anima.
Il figlio maggiore della parabola sembra dirci la chiusura nelle forme, la paura della diversità, di ciò che rimane fuori, giudicato prima ancora di essere compreso o accolto; così di molti di noi credenti, che hanno scelto il luogo sicuro di una chiesa per eludere il rischio di amare.