Oggi domenica, a pranzo, da solo, in terrazzo.
Dinanzi a me distese di girasoli che volgono al termine della loro breve intensa esistenza. Dopo tanta bellezza, ora avvizziscono in attesa di divenire utili: probabile olio ad uso degli uomini.
Vedo gli alberi al fiume di colori cangianti, spazzolati dal vento del sud che sta portando ancora temporale.
Il vento già fresco dell’autunno che si incunea prepotente in questo ultimo scorcio d’estate.
Questo è il momento forse più bello dell’anno. La natura si prepara al silenzio, alla morte, dopo tanto splendore e fruttificare. Quanto mi piace! Sarà che a un certo punto mi sono accorto di essere io stesso un fiore autunnale.
Ho quasi invidiato tante coppie di amici che hanno vissuto e vivono storie familiari meno turbolente (presumo, forse!) della nostra. Ma poi ho dovuto capire, ed è stata una grazia, una delle tante, che ogni umano è diverso, ogni coppia è diversa. I progetti di Dio si capiscono solo nel tempo, oltre noi e il nostro errare a volte indicibile, inaccettabile.
Il disegno nasce dal nostro scarabocchio, si sviluppa nella “permissione di Dio” quando è impossibile nella "volontà di Dio”.
Si sviluppa, cresce, diviene utile al genere umano nonostante anzi proprio per i nostri limiti.
Si modella sulla nostra umanità, che a volte si perde sui sentieri tortuosi della vita.
Quando si prendono lucciole per lanterne, quando pare felicità tanta roba che alla fine non lo è.
Quando, caduto nell’inganno per tanto tempo, ti ritrovi lontano dalla tua strada e devi sgobbare per ritrovare la giusta via. Devi ricostruirti e non capisci nemmeno da dove cominciare.
Quando anni fa mi ritrovai appieno in una situazione di questo genere il grande Mario, con la sua consueta sapienza, sapeva indirizzarmi sempre al meglio. Dopo la palestra, con l’attività fisica per salvare il corpo dalla follia, la donazione come cura per il cuore. Continuamente mi trovava da fare: attività che mi erano confacenti e che impedivano il concentrarsi sui propri dolori occupandosi invece dell’umanità.
Eppoi, senza dubbio: silenzio e solitudine.
Silenzio, per ascoltare finalmente la voce del Dio dentro di te, una voce di tenerezza estrema che mai odi se non taci assoluto.
Solitudine, non quella disperante dell’uomo che cerca altri umani per condividere la noia dell’esistere, ma quella vera in Dio: in cui siamo nati, in cui partiremo prima o poi. In cui conviene vivere in questa terra, da subito, per godere appieno del Regno dei cieli. Che è qui, nei paraggi, e quasi sempre non lo avvertiamo, presi nei mille vortici del quotidiano.
Sta arrivando il mio settimo autunno qui nell’eremo.
La vita mi è cambiata tanto, e ancor più avverrà.
Alla fine ancora un grazie alla mia sposa che, presumo inconsapevole ma certo strumento di Dio, mi ha costretto a tutto ciò: questa separazione è stata la grazia più grande della mia vita.
Non certo la separazione in sé, né il suo dolore immane.
Ma quello che ne è nato e ne nasce di continuo: la vita, la luce.
Come a dire: "Tutto, sempre, ha, ha avuto, un solo destino: l'unione con Te"...
(foto mia, Spagna - sulla via di Santiago, 2007)
Ciao Paolo, da qualche tempo ho iniziato
RispondiEliminaa leggerti e a "ritrovarmi".
In questo continuare a credere, fermamente, incessantemente, quasi cabarbiamente
che tutto, tutto, tutto è amore di Dio. Grazie!
Con tutto il mio cuore!