domenica 18 agosto 2013

Troppo rumore, ancora!

Ero bambino, ho un ricordo bellissimo dei temporali estivi. D’estate, appena possibile fuggivo da Roma per starmene su, tra i monti d’Abruzzo, nella mia casa natia. Certi anni pioveva tutti i pomeriggi. Ci rifugiavamo, tre, quattro coetanei, nella soffitta della vecchia casa di famiglia. Si accedeva con una scala di legno quasi verticale, eravamo circondati da foglie di granturco. Quelle che poi, una volta seccate, si usavano per fare i materassi (questa pochi la sanno!). E chi sa quanti topi nel mezzo! Giocavamo al Monopoli, al Totopoli. Fuori diluviava, l’aria diveniva tersa, carica di profumi che ho ancora qui, nel cuore. Sognavamo la vita, si progettavano escursioni sui monti vicini. Poi, cessato il piovere, si tornava sull’aia.

Oggi è arrivato un bel temporale. Stavo cucinandomi alcune cose per i prossimi giorni e per stasera. Mi son sentito l’urgenza di scrivere di questo lembo di esistenza che condivido con voi. E son giunte mail, importanti.

“Conosco questo tuo dolore… perché da oltre 20 anni vivo da vedova bianca, pur condividendo, o talvolta, subendo tutto: casa, figli, hobby. Tranne quel corpo che, grazie alla fusione di due anime ed al dolce incastro di due "carni vive", diventerebbe il tempio ideale per custodire e rendere vivo e operante lo spirito... ed ora quel corpo neanche mi attira più, anzi mi infastidisce! Ho provato con presuntuosa umiltà persino ad offrire tutto pronunciando le parole "...offerto in sacrificio per voi..." ma poi mi chiedo se a questa torta-matrimonio non manchi che lo zucchero e quindi, comunque la si confezioni, risulta sempre troppo amara! Perdona la brutalità ma volevo comunicarti la mia anima che va avanti solo grazie al rapporto con Dio che da anni e anni mi fa ricominciare e sopportare uno stato di cose che definire assurdo è poco!” 

Poi mi giunge Gennaro, con la consueta disarmante nitidezza: “Ciao. Scrivi ed hai un occhio in quello che scrivi. Quello che vedi è pure bello perché fatto con bellezza. Scrivi di scrivere. Un ennesimo lo farebbe.....molti amici e il passaggio della vita. Toccante.” 

“In una serata triste... stasera con l’ultimo tuo scritto giungi a “fagiolo” (come si suol dire). Leggerti mi ha richiamato il senso del dolore, della fatica in salita. Leggere il vuoto che tu comunichi e avvertire che è così, un “alti e bassi”. Voglio solo dirti grazie per ciò che hai scritto nell’ultimo tuo blog e in quello precedente (il baricentro). Che la fatica ce l’abbiamo tutti ma che bisogna andare avanti… Un caro abbraccio! Anna” 

In questo periodo spesso mi sveglio molto presto, prima dell’alba. E stamani è accaduto di ricordarmi del salvaschermo su uno dei miei pc tanti anni fa (forse otto, nove, ma paiono secoli!), un testo scorrevole, molto piccolo, che ricorda: TROPPO RUMORE, ANCORA!
Ecco, il silenzio di Dio di cui recentemente dicevo è la perfetta risposta al mio non silenzio, che mi pare tanto ma evidentemente è ancora troppo rumoroso. Mi son accorto che mai, mai posso dirmi satollo di silenzio, perché è qui solo che Dio può farsi presente: “Ecco, sto alla porta e busso…”. 

Troppo rumore ancora, davvero. Una confusione, tante cose, il corpo in dissoluzione, l’estate, le vacanze (quest’anno troppe, non ci sono abituato!) e poi improvviso accade qualcosa di lancinante al cuore, una saetta che è un dolore di un attimo veloce quasi la luce, e un grazie: “Sì, siamo contenti Signore, quando l’ala di un angelo ci discopre il celeste orizzonte, che la prova ci aveva bruscamente annientato. Siamo contenti, Signore, perché il tuo amore si mostra in quei momenti così onnipotente, che la nostra anima è in adorazione ed esaltazione fino al silenzio…” 
Fino al silenzio!

(foto mia, Umbria 2000)

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