Giornata molto particolare, tutto si evolve in pochissimo tempo.
Mi trovo a leggere una nota di forte dolore e nostalgia grande negli occhi, nel profondo di persona molto cara. So che devo vivere il silenzio assoluto, dopo tanto parlare, e pure sproloquiare, a volte.
Torno a casa che sta imbrunendo, il cuore silente e sereno. Solo il presente, comunque sia.
Nel frattempo mi è giunto sms di una cara amica lontana, finalmente riesco a leggere: “Oggi sento forte la mancanza del mio sposo… da quando ne parlo con te, è come se fosse rinato il desiderio che lui torni. Non è un bene perché ho faticato a rassegnarmi x trovare pace. Ma mi chiedo se ha un senso oltre…”
Beh, non posso non telefonarle subito. Sta cenando, insieme ai bambini. Ma le dico quel che sto vivendo, il mio cuore. Oramai vivo nudo, poche cose sono mie solamente, condivido, faccio circolare. Tutto contribuisce se è amore. Sangue che circola in questo grande corpo martoriato che è questa piccola comunità di abbandonati.
Poco dopo altro sms: “Grazie della telefonata! Mi hai aiutato a staccarmi dal pensiero che mi stava trascinando a fondo! :-)”
Nel frattempo mi giungono due mail che mi danno gioia, mi telefona un'altra amica che, dopo cenato, sta camminando nella Roma notturna. Come non piangere?
Mi chiedo, ancora, chi sono io per trovarmi al crocevia del tanto amore che sta circolando.
Tantissimi anni fa, era questa stagione, stavo vivendo col cuore liquefatto. Innamorato, perso in colei che sarebbe poi stata la mia sposa, per sempre. Reciproco, bellissimo, lei pure completamente rapita. Eravamo una bella coppia, ci dicevano, e sentivamo stima e affetto vero da tanti attorno.
Negli anni è accaduto di tutto, e di impensabile. Le forze degli inferi si sono scatenate.
Una famiglia bella e sotto pressione estrema. Abbiamo vacillato, non è stato facile. Maria è stata comunque presente sempre, in piedi sul nostro Golgota. Protesa al Cielo, penso abbia pianto, in silenzio. Ma lì è rimasta, per anni.
Nel frattempo, credo ad una seduta di terapia di coppia, mi venne chiesto perché avevo scelto lei, cosa mi aveva fatto innamorare. Credo di aver farfugliato, non sapevo, avevo perso la ragioni del mio amore.
Oggi so, posso gridare ai venti: ho sposato colei che mi mancava, la parte più bella di me, la mia realizzazione, il mio dover essere. In lei sola posso cantare, e sono.
Poi qualcosa è avvenuto che ha definitivamente squassato tutto. Le mie prime notti in solitudine. Con fatica e dolore, ma alla fine vincente, notte dopo notte e tra le lacrime, ho ricostruito dentro di me il “Credo”. In quel momento era l’atto di fede più grande, dire: "Credo, credo in Dio fatto uomo, abbandonato, disceso agli inferi, risorto".
Mi è parso, mi pare sempre più, di essere stato agli “ultimi confini della terra”. Sono stato in buona compagnia, insieme a tanti.
Qualcuno doveva andare. Siamo andati.
Oggi, anche questo modesto scrivere è rendere testimonianza alla Luce.
E non so più del dolore passato, la vita è molto oltre.
(foto mia, Umbria, 27 dicembre 2011)
mercoledì 25 aprile 2012
sabato 21 aprile 2012
E dopo aver stra-amato?
A volte accade di sentirsi commossi nel profondo, più del solito, addirittura.
A volte accadono fatti che ti sovrastano.
A volte diviene certezza quella che credevi sensazione, che Dio sta nei tuoi pressi, abita qui con te.
A volte la realtà supera la fantasia pur eccellente che sai di avere.
A volte Dio è più grande di sé.
A volte piangi, e non sai perché. Ovvero: lo sai bene, ma temi di rovinare tutto nel dirlo. Troppo grande.
A volte piangere e ridere si fondono.
A volte potresti morire in quel momento, che il passaggio sarebbe davvero indolore.
Giusto recentemente, nel corso di una lunga telefonata, ribadivo una delle cose più belle che sperimento in questo periodo. Ovvero: vedere le cose con gli occhi di Dio, vivere col suo cuore, avere i suoi sentimenti. E quindi, innanzitutto: misericordia.
Sarebbe da citare Paolo, ancora una volta: la carità tutto copre, tutto crede, tutto… ama. Tutto ama, non avrà mai fine!
E poi rendersi conto, confrontandoti duramente con chi vede le cose in maniera diversa, che stai proprio e pervicacemente vivendo questa parola: dopo aver stra-amato… si ama ancora. Senza limite quasi. Senza stanchezza. Ogni volta superi il tuo “record” personale. Inimmaginabile. E finalmente: questa la tua vita, oggi.
Un’amica mi racconta della sua Pasquetta, il lunedì di Pasqua, un pomeriggio con tante persone, tante coppie. Una sola erano marito e moglie, le altre tutte in nuove unioni. Lei era sola, e molto triste, con le figlie che stavano col padre, altrove. Tra coloro che organizzavano la giornata, attività, divertimenti, uno brillava in modo particolare, come il più felice. Poi ad un certo punto si son trovati a scambiare due parole, e lui le ha confidato che i suoi week end sono impregnati di grande dolore, vorrebbe non arrivassero mai. Mi ha detto di una quantità immane di dolore che circolava quel giorno di festa in quel gruppo festante.
In una recente lettera scrivevo che nel vivere è importante avere il cuore sereno, ovvero la certezza di fare le cose giuste. Magari col cuore sanguinante, ma questo diviene secondario. Non può esistere felicità se nel fondo sai che stai facendo sbagliato. E questo ogni essere umano può capirlo, specie chi ha fatto esperienza di Dio. Anche se magari tutto passa in secondo piano, immersi in vite altrui per sopravvivere, col cuore magari impietrito. O distratto, o gaudente.
Mi scrive Laura: “E' da un anno che leggo il tuo blog di tanto in tanto. Posso dirti che mi sembri "cresciuto"? Ti percepisco più sereno e più aperto, e ne sono felice. E' un'impressione che corrisponde al tuo vissuto?”
Corrisponde, cara Laura. Mi costringi a fare analisi del mio vivere, e vedo che corrisponde in pieno.
A volte la salita pare dura, ma si continua, si svalica, si respira aria sempre più pura. Il panorama poi… a volte è indicibile, come oggi.
Dopo stra-amato, si ama ancora. Un programma di vita che è un affare. Per sempre.
(foto mia, il melo in fiore, 21 aprile 2012)
A volte accadono fatti che ti sovrastano.
A volte diviene certezza quella che credevi sensazione, che Dio sta nei tuoi pressi, abita qui con te.
A volte la realtà supera la fantasia pur eccellente che sai di avere.
A volte Dio è più grande di sé.
A volte piangi, e non sai perché. Ovvero: lo sai bene, ma temi di rovinare tutto nel dirlo. Troppo grande.
A volte piangere e ridere si fondono.
A volte potresti morire in quel momento, che il passaggio sarebbe davvero indolore.
Giusto recentemente, nel corso di una lunga telefonata, ribadivo una delle cose più belle che sperimento in questo periodo. Ovvero: vedere le cose con gli occhi di Dio, vivere col suo cuore, avere i suoi sentimenti. E quindi, innanzitutto: misericordia.
Sarebbe da citare Paolo, ancora una volta: la carità tutto copre, tutto crede, tutto… ama. Tutto ama, non avrà mai fine!
E poi rendersi conto, confrontandoti duramente con chi vede le cose in maniera diversa, che stai proprio e pervicacemente vivendo questa parola: dopo aver stra-amato… si ama ancora. Senza limite quasi. Senza stanchezza. Ogni volta superi il tuo “record” personale. Inimmaginabile. E finalmente: questa la tua vita, oggi.
Un’amica mi racconta della sua Pasquetta, il lunedì di Pasqua, un pomeriggio con tante persone, tante coppie. Una sola erano marito e moglie, le altre tutte in nuove unioni. Lei era sola, e molto triste, con le figlie che stavano col padre, altrove. Tra coloro che organizzavano la giornata, attività, divertimenti, uno brillava in modo particolare, come il più felice. Poi ad un certo punto si son trovati a scambiare due parole, e lui le ha confidato che i suoi week end sono impregnati di grande dolore, vorrebbe non arrivassero mai. Mi ha detto di una quantità immane di dolore che circolava quel giorno di festa in quel gruppo festante.
In una recente lettera scrivevo che nel vivere è importante avere il cuore sereno, ovvero la certezza di fare le cose giuste. Magari col cuore sanguinante, ma questo diviene secondario. Non può esistere felicità se nel fondo sai che stai facendo sbagliato. E questo ogni essere umano può capirlo, specie chi ha fatto esperienza di Dio. Anche se magari tutto passa in secondo piano, immersi in vite altrui per sopravvivere, col cuore magari impietrito. O distratto, o gaudente.
Mi scrive Laura: “E' da un anno che leggo il tuo blog di tanto in tanto. Posso dirti che mi sembri "cresciuto"? Ti percepisco più sereno e più aperto, e ne sono felice. E' un'impressione che corrisponde al tuo vissuto?”
Corrisponde, cara Laura. Mi costringi a fare analisi del mio vivere, e vedo che corrisponde in pieno.
A volte la salita pare dura, ma si continua, si svalica, si respira aria sempre più pura. Il panorama poi… a volte è indicibile, come oggi.
Dopo stra-amato, si ama ancora. Un programma di vita che è un affare. Per sempre.
(foto mia, il melo in fiore, 21 aprile 2012)
martedì 10 aprile 2012
Francesco
Negli anni passati, nei momenti più duri, spesso mi son trovato ad uscire di casa senza meta, alla ricerca di pace, solitudine, aria da respirare.
Più volte la meta è stata il lago Trasimeno con le sue due belle isole praticabili, la Polvese, di cui sono decisamente innamorato, e la Maggiore.
Una domenica, proprio girovagando all’isola Maggiore, sul lato inabitato dell’isola, mi son trovato davanti il luogo ove san Francesco venne sbarcato la notte delle Ceneri del 1211 e poi ripreso al Giovedì Santo. Una quaresima in solitudine e digiuno: in un’isola deserta, con solo due pani da mangiare. I Fioretti (cap. 7) narrano che in quaranta giorni Francesco mangiò solo mezzo pane. Nel mio piccolo, quel giorno me lo sentii molto vicino, chè non avevo con me nulla da mangiare…
Mi torna in mente questo episodio adesso, in un periodo di tanti incontri ravvicinati con Francesco.
Una camminata con tanti amici a Greccio, una visita fuggevole alle Celle di Cortona, una nuova, ennesima visita alla sua tomba, nei sotterranei della Basilica. Ci son stato tante volte, e ci son tornato per accompagnare una coppia di amici romani che erano in tour per festeggiare, anche, il loro trentesimo anniversario di nozze.
Tante visite, ma mai accaduto come quel pomeriggio. Una commozione grande, lì dinanzi alla tomba. Un dialogo profondo, un affidare a lui, pure, tutte le situazioni terribili di famiglie sventrate in cui mi trovo sempre più spesso a penetrare. Proprio vero che nella vita si è quel che si vive dentro. Quando poi usciamo, in quello stato d’animo, vedo con occhi nuovi questa stupenda statua che troneggia dinanzi alla Basilica: Il ritorno di Francesco. Il ritorno del giovine rampante, andato per il mondo a conoscere di tutto…
Recita la targa sottostante: “Signore, che vuoi che io faccia?“ “Ritorna nella tua città e ti sarà detto che cosa devi fare”. Spuntato il mattino Francesco, mutato interiormente, desiderava solo di conformarsi al volere divino.
Quel giovine guerriero che appare affranto e mesto, è un uomo mutato interiormente. Un uomo al cospetto della sua nullità. Cosa vuoi che io faccia?
E torna nella sua città. E si conforma al volere divino.
Nella sua città, tra i suoi: il volere divino.
Un augurio giuntomi per Pasqua: “carissimo Paolo… voglio farti gli auguri per la Pasqua che sento sempre di più la nostra festa: Gesù Crocifisso e Abbandonato e soprattutto Risorto: quello che ci ha amati, e continuerà ad amarci e che non ci tradirà mai, che mi mostra fino a che punto devo amare mio marito.”
Alcune mattine fa ho trovato altra mail delle quattro di notte: “Caro Paolo, come vedi non riesco a dormire... Tanti dubbi su cosa fare, tanti pensieri affollano ogni giorno la mia mente... Prego il Signore perché mi illumini facendomi muovere nella giusta direzione... Ciao, ti auguro una giornata migliore di tutte le altre.”
Il volere divino.
Ho Francesco che non mi lascia, vado a cercare quella mirabile pagina de i Fioretti (cap. 8), otto secoli fa ed attualissima. Un crescendo inarrivabile, e alla fine: “Frate Lione, scrivi che qui è perfetta letizia!”
Perfetta letizia: “Sopra tutte le grazie e doni dello Spirito Santo, le quali Cristo concede agli amici suoi, si è di vincere se medesimo e volentieri per lo amore di Cristo sostenere pene, ingiurie, e obbrobri e disagi…”.
E mi rendo conto che le pene usate a paragone son proprio quelle subìte nella propria famiglia, dalle persone più vicine…
(foto mia, Assisi, 29 marzo 2012)
Più volte la meta è stata il lago Trasimeno con le sue due belle isole praticabili, la Polvese, di cui sono decisamente innamorato, e la Maggiore.
Una domenica, proprio girovagando all’isola Maggiore, sul lato inabitato dell’isola, mi son trovato davanti il luogo ove san Francesco venne sbarcato la notte delle Ceneri del 1211 e poi ripreso al Giovedì Santo. Una quaresima in solitudine e digiuno: in un’isola deserta, con solo due pani da mangiare. I Fioretti (cap. 7) narrano che in quaranta giorni Francesco mangiò solo mezzo pane. Nel mio piccolo, quel giorno me lo sentii molto vicino, chè non avevo con me nulla da mangiare…
Mi torna in mente questo episodio adesso, in un periodo di tanti incontri ravvicinati con Francesco.
Una camminata con tanti amici a Greccio, una visita fuggevole alle Celle di Cortona, una nuova, ennesima visita alla sua tomba, nei sotterranei della Basilica. Ci son stato tante volte, e ci son tornato per accompagnare una coppia di amici romani che erano in tour per festeggiare, anche, il loro trentesimo anniversario di nozze.
Tante visite, ma mai accaduto come quel pomeriggio. Una commozione grande, lì dinanzi alla tomba. Un dialogo profondo, un affidare a lui, pure, tutte le situazioni terribili di famiglie sventrate in cui mi trovo sempre più spesso a penetrare. Proprio vero che nella vita si è quel che si vive dentro. Quando poi usciamo, in quello stato d’animo, vedo con occhi nuovi questa stupenda statua che troneggia dinanzi alla Basilica: Il ritorno di Francesco. Il ritorno del giovine rampante, andato per il mondo a conoscere di tutto…
Recita la targa sottostante: “Signore, che vuoi che io faccia?“ “Ritorna nella tua città e ti sarà detto che cosa devi fare”. Spuntato il mattino Francesco, mutato interiormente, desiderava solo di conformarsi al volere divino.
Quel giovine guerriero che appare affranto e mesto, è un uomo mutato interiormente. Un uomo al cospetto della sua nullità. Cosa vuoi che io faccia?
E torna nella sua città. E si conforma al volere divino.
Nella sua città, tra i suoi: il volere divino.
Un augurio giuntomi per Pasqua: “carissimo Paolo… voglio farti gli auguri per la Pasqua che sento sempre di più la nostra festa: Gesù Crocifisso e Abbandonato e soprattutto Risorto: quello che ci ha amati, e continuerà ad amarci e che non ci tradirà mai, che mi mostra fino a che punto devo amare mio marito.”
Alcune mattine fa ho trovato altra mail delle quattro di notte: “Caro Paolo, come vedi non riesco a dormire... Tanti dubbi su cosa fare, tanti pensieri affollano ogni giorno la mia mente... Prego il Signore perché mi illumini facendomi muovere nella giusta direzione... Ciao, ti auguro una giornata migliore di tutte le altre.”
Il volere divino.
Ho Francesco che non mi lascia, vado a cercare quella mirabile pagina de i Fioretti (cap. 8), otto secoli fa ed attualissima. Un crescendo inarrivabile, e alla fine: “Frate Lione, scrivi che qui è perfetta letizia!”
Perfetta letizia: “Sopra tutte le grazie e doni dello Spirito Santo, le quali Cristo concede agli amici suoi, si è di vincere se medesimo e volentieri per lo amore di Cristo sostenere pene, ingiurie, e obbrobri e disagi…”.
E mi rendo conto che le pene usate a paragone son proprio quelle subìte nella propria famiglia, dalle persone più vicine…
(foto mia, Assisi, 29 marzo 2012)
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