venerdì 13 gennaio 2012

Capodanno

Le feste natalizie terminate rapidamente come non mai, quest'anno.
Un Natale eccezionale davvero. Giornate piene, di stanchezza anche, profonda. Turbinio, viavai, corse continue. Tutto oramai ruota attorno al mio nipotino, un “attira-baci” straordinario.

Dopo tanti momenti belli e intensi, in cui sono stato bene, in donazione grande, nel cuore del Padre mi sembra, son subito cominciati i distacchi. Vengono sempre, pare.
Per prima è partita la mia sposa.
Il giorno dopo è partito mio fratello con la sua famiglia.
Poi ancora mio figlio con la fidanzata.
Una sfilza di dolori. E si è tornati alla vita di tutti i giorni.

Poi la sera dell’ultimo dell’anno con le mie figlie. Son presto tornato a casa, stanco, con le ginocchia doloranti.
Poco dopo, in risposta ad un mio precedente, mi giunge un sms da persona cara: “Un bacio”.
Poi saprò che ha passato il fine anno al mare, in solitudine.

Al mattino del Capodanno, presto, un amico sacerdote mi scrive: “Maria ecco tuo figlio… Giovanni ecco tua madre… e da quel momento egli la prese nella sua casa. Prendiamo in questo 2012 Maria nella casa del nostro cuore e affidiamo al suo amore di mamma quest'anno con tutto ciò che ci succederà. Buon anno!”

Un bell’inizio, mi son detto. Dalla memoria ripesco il ritornello di una canzone: “Maria, vieni a casa mia…”. Poi vado a messa e trovo un sacerdote molto anziano che inizia la sua omelia citando quelle stesse parole dal Vangelo di Giovanni. Oggi è una festa di Maria ma in tutt’altro contesto, non è questo il Vangelo odierno. Un brivido: mi rendo conto che sto sotto attacco concentrico.

In questa chiesa di campagna mi accade qualcosa di molto bello. Negli istanti di silenzio il solo rumore è lo scrosciare dell'acqua del presepe. Le pareti, la luce, mi evocano momenti del mio passato. Ma è soprattutto questa sensazione stamani di serenità infinita, nelle mani del Padre, nel cuore della Madre. A volte pare tornare in cose già vissute, in sensazioni dell'infanzia che danno una silenziosa e profonda felicità. Quasi un tornare a casa, un dejà vu che acquista man mano nitidezza nell'animo.
Sai che il giro del mondo che hai fatto e che ti ha portato lontano è utile perché ti ha dilatato il cuore. Forse si poteva evitare, e soffrire di meno e generare meno dolore. Ma la dietrologia in questi casi diviene una stupida tentazione.
Tempo fa partecipai ad una tavola rotonda. Al termine, una signora dotata di anni e sapienza mi abbracciò dicendo “Sai Paolo, deve proprio essere vero che anche dalle permissioni Dio sa trarre grande bene!”.

È vero, siamo seguaci di un Dio in-credibile alle nostre povere menti.
La permissione, il male, può generare il bene.
Lasciando all'uomo la libertà assoluta del bene e del male, Dio sapeva che poteva avvenire di tutto, come infatti avviene. Raramente accade quel che Dio vuole, e ben più spesso ciò che Dio certo non vorrebbe, ma permette. Un quadro desolante.
Ma è questa l'epoca della tramutazione dell'acqua in vino.
Dare il nome giusto al dolore. E tutto può costruire, ricondurre all'Uno, al Bene supremo.

Mi giunge poi un messaggio di una cara vecchia amica, in questi giorni sola, senza figlia, che perentoria mi chiede quando la invito a cena.
Beh, inizio anno in grande stile davvero…

(foto mia, Umbria 2006)

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