Era il 2007, di questi giorni.
Partii per Santiago de Compostela, solo come sempre. Avevo motivi molto pressanti e poi, nel tempo, ne è nato una specie di miracolo.
(Per chi volesse leggere il sunto del mio camminare, scritto un anno dopo e poi pubblicato in sintesi su CittàNuova n°17/2008, qui il link --> Santiago2007).
Rileggerlo è sempre commozione: è stato un passaggio vitale nella mia vita, in un momento decisamente drammatico. Anche se lo riscriverei daccapo nella forma, lasciando la sostanza inalterata: son passati solo tre anni, e pare un millennio. Ma la vita avanza, evidente.
Nel cercare una foto da pubblicare, confesso di aver faticato: mi son scoperto un sorridere tirato, flebile. In questa che pubblico è un po’ meglio... Questo pare lo specchio della mia vita di questi anni: basta confrontare dalle foto il sorriso, per comprendere i cambiamenti. Ma erano altri tempi, e il trauma andava metabolizzato, inevitabile. Poi certi dolori sopravvivono al tempo, anzi aumentano, e io ho scientemente deciso di non utilizzare "mezzi di distrazione".
Mi son curato con silenzio e solitudine.
Silenzio per udire finalmente Dio, il suo parlare leggero che diviene udibile solo quando tutto tace davvero, dentro e intorno.
Solitudine per ritrovare il vero Paolo, e quindi l'umanità, ma soprattutto la mia sposa nel cuore.
Nei giorni scorsi ho consigliato di fare il Cammino di Santiago a dei giovani fidanzati. Fatto però camminando soli, non "mano nella mano". Soli col mondo, nel mondo. E ritrovarsi poi alla sera, assieme, a condividere gioie e dolori della giornata. Il paradigma dell'esistenza che li attende, bella. In fondo può davvero essere un buon banco di prova. Perché il dolore nel camminare è tanto, ma si può, si deve farcela da soli. La vita di coppia poi sarà questo, e non parlo da separato solamente. In fondo questo è uno degli errori più diffusi nel matrimonio: appoggiarsi all'altro, confidare magari nelle sue qualità... e poi capitombolare assieme.
I giovani sposi non hanno vita facile, e il vivere di quest’epoca certo non aiuta, anzi: caos, rumore, stanchezza, stordimento. E diviene facile sfasare il rapporto, ritrovandosi poi in un matrimonio senza fondamenta.
Solo ora intuisco che forse l’insegnamento più vero che mi son portato via da Santiago è proprio questo, in piena controtendenza: silenzio e solitudine.
(foto di Joke, 26 marzo 2007, sulla via di Santiago)
Grazie Paolo! Leggere la tua esperienza sul cammino di Santiago mi ha commosso ed arricchita!
RispondiEliminaCertamente il silenzio e la solitudine possono essere trovati un pò anche nella vita di ogni giorno....basta volerlo! Con questo impegno rinnovato, ancora grazie...