L’altro ieri, al pronto soccorso oculistico.
Nell’attesa, seduti dinanzi a me una coppia di anziani, parlano ad alta voce. Lei ridendo rimprovera a lui che non vuole mettere l’apparecchio acustico, e deve ripetergli le cose. Poi lo aiuta a camminare, con tenerezza. Si vede come si vogliono bene, anche lui è affettuoso. Dopo terminato sono ancora lì, e spiegano ai presenti che stanno aspettando al caldo per via del bus, che ancora manca tempo per la partenza. Quando poi vanno, c’è un bello scambio di saluti coi presenti. Una signora accanto a me, quasi parlando tra sé: “Come è bello quando si è in due, ci si aiuta. E chi resta solo, invece?”
Penso sia vedova, e lì per lì sono tentato di intavolare un dialogo, anch’io sono solo, pur se in modo diverso. Sta arrabbiata tanto, si sente.
Non intervengo, però penso alle differenze sostanziali tra vedovanza e separazione, tra l’ineluttabile, come la morte che in genere non dipende dagli umani, e il "forse evitabile", come la separazione, che dipende invece dagli umani e dalla loro umanità. Però entrambe possono accaderti nella vita di coppia, ed è comunque doloroso. La morte magari la metti in conto, sai che uno dei due partirà prima, in genere l’uomo. Ma la separazione no, è sempre un trauma inaspettato. Tutte e due sono un cambio di rotta, una frattura del progetto comune, un continuare a vivere fuori programma: in solitudine.
Poi oggi mi capita di ascoltare, ancora, le Beatitudini, e di associarle alla realtà dei soli.
Poveri in spirito, afflitti, miti, assetati di giustizia, misericordiosi, puri di cuore, operatori di pace, perseguitati… alcune di queste caratteristiche sono proprio tipiche del solo, specie di chi tale rimane ritenendo appunto di essere “inseparabile”.
E il bello è che queste promesse di beatitudine non riguardano solo l’aldilà.
Qualcosa se ne può saggiare già qui, da subito.
Anzi, direi che questa è la notizia più grande.
Se l’afflizione viene consolata, se la misericordia moltiplica sé stessa, se il cuore puro apre gli occhi alla Luce, ma soprattutto: se la povertà in spirito ti porta nel regno dei cieli adesso, in questa tua vita che appare derelitta e sfortunata… allora hai certezza che le Beatitudini son vere anche poi, e stai facendo le cose giuste.
Dice Paolo, l’apostolo: “Chi è sposato viva come se non lo fosse”.
Lo consiglia agli sposi cristiani tutti.
Ovvero: vivere in altri equilibri, come già si fosse “oltre”.
Pare utopico. Ma se è possibile nel trauma della separazione, è possibile a tutti.
Ed è un affare.
(foto mia: Roma, 2008)
domenica 30 gennaio 2011
martedì 25 gennaio 2011
Ho ripassato le epoche
Ieri sera ho vissuto attimi intensi, importanti.
Tutti sono vitali i momenti della vita, perché tutti possono darci o togliere.
Possiamo il meglio o il peggio di noi, nella libertà che Iddio ci dona in continuazione.
Ieri sera: un momento particolare, in cui mi son fermato a guardare il mondo.
Una emozione arrivata senza preavviso, quasi uno schiaffo a freddo. C’era l’aria frizzante, tersa, era appena scurito. Bello, freddo, una stilettata nel cuore. Un paesaggio tanto amato, solito un tempo, luci lontane conosciute e forse pure nuove. Un pezzo della mia vita. Forse trenta secondi, un attimo fugace. Un respiro profondo, una commozione che non ha fatto in tempo a trasformarsi in lacrima. Poi di corsa via, che c’era altro da fare. E senza rimpianti.
Le bellezze del creato son tante, e alfine capisco che devo viverle così, nel distacco e semplicemente. Che diviene libertà.
Mi pare di aver vissuto più vite, e la più bella è quella di adesso.
Nulla mi toglie, e tutto può darmi, e tutto do.
La solitudine del separato, specie se abbandonato, è molto dura e forse incomprensibile ai più.
Ma se “ripasso le epoche della mia vita”, per dirla con Ungaretti, posso solo essere contento di quanto vivo, ed è una vita in salita. Chi conosce la montagna può capire. Si sale, si fatica, la gambe dolgono, manca il fiato, però continui, sai che hai una meta da raggiungere. Ogni tanto magari il percorso si fa meno ripido, respiri meglio. Ma poi si riprende. E più sali, e più è bello, più stai bene. Seppur esausto, sofferente, sei felice di stare lì.
Mi son messo a crescere dentro da tempo, in un esercizio che appare folle in questa epoca di rumore. Ci son stato portato dagli eventi e solo poi ne ho compresa la carica rivoluzionaria.
In fondo io sono soprattutto quel che vivo dentro, e certo non cambierei la mia vita con nessuno al mondo.
(foto mia: Gran Sasso 2006)
lunedì 17 gennaio 2011
Alleanza!
Riprendo il blog dopo tre giorni di pausa (a proposito: poi ho viaggiato alla grande, con la macchina di mia figlia!), leggo i giornali on-line e mi sembra di essere mancato dieci anni.
Sono stato via, ad occuparmi di separazione, di dolore, di famiglia in crisi. E quello che mi bombarda da Internet suona lontanissimo dalla realtà vissuta. Giorni intensi, in cui le lacrime hanno abbondato in tanti, si sono intrecciati rapporti veri e umani, si è scoperto che - incredibile - tanti hanno dolori persino più grandi dei nostri!
Una signora portoghese, riferendosi alla mia fede nuziale, mi mostra la sua “alleanza”. Non capisco, e chiedo lumi. Insiste: alleanza! E finalmente intendo che quella che noi chiamiamo vera, fede nuziale, in portoghese si chiama alleanza. La ascolto in un italiano approssimato, ma comprendo oltre le parole, e ho un groppo in gola. Lei crede nel suo matrimonio in maniera decisa e bella, rimasta sola. Ma soprattutto: “alleanza” è bellissimo! Perché non anche in italiano così? Alleanza, due persone che si alleano per condividere la vita, che saranno insieme per sempre contro le difficoltà, che si aiuteranno e combatteranno fino alla morte. Spulcio il dizionario: “Accordo tra due… per il conseguimento di un fine comune e per mutuo sostegno in caso di avversità…”. Troppo bello, è il matrimonio! E nella Bibbia si parla continuamente di alleanza tra Dio e gli uomini, e si prevede che seppur l'uomo romperà l'alleanza servendo “dèi fatti da mano d’uomo”, Dio rimarrà fedele e non dimenticherà!
Mi pare una storia di oggi, una delle tante che ho sentito in questi giorni.
Alleanza.
In fondo è quanto abbiamo fatto in quel convegno: per conseguire un fine comune, per mutuo sostegno.
Voglio allearmi con quanti seguono questo blog e condividono il significato profondo di ”In…separabili”.
Sono stato via, ad occuparmi di separazione, di dolore, di famiglia in crisi. E quello che mi bombarda da Internet suona lontanissimo dalla realtà vissuta. Giorni intensi, in cui le lacrime hanno abbondato in tanti, si sono intrecciati rapporti veri e umani, si è scoperto che - incredibile - tanti hanno dolori persino più grandi dei nostri!
Una signora portoghese, riferendosi alla mia fede nuziale, mi mostra la sua “alleanza”. Non capisco, e chiedo lumi. Insiste: alleanza! E finalmente intendo che quella che noi chiamiamo vera, fede nuziale, in portoghese si chiama alleanza. La ascolto in un italiano approssimato, ma comprendo oltre le parole, e ho un groppo in gola. Lei crede nel suo matrimonio in maniera decisa e bella, rimasta sola. Ma soprattutto: “alleanza” è bellissimo! Perché non anche in italiano così? Alleanza, due persone che si alleano per condividere la vita, che saranno insieme per sempre contro le difficoltà, che si aiuteranno e combatteranno fino alla morte. Spulcio il dizionario: “Accordo tra due… per il conseguimento di un fine comune e per mutuo sostegno in caso di avversità…”. Troppo bello, è il matrimonio! E nella Bibbia si parla continuamente di alleanza tra Dio e gli uomini, e si prevede che seppur l'uomo romperà l'alleanza servendo “dèi fatti da mano d’uomo”, Dio rimarrà fedele e non dimenticherà!
Mi pare una storia di oggi, una delle tante che ho sentito in questi giorni.
Alleanza.
In fondo è quanto abbiamo fatto in quel convegno: per conseguire un fine comune, per mutuo sostegno.
Voglio allearmi con quanti seguono questo blog e condividono il significato profondo di ”In…separabili”.
giovedì 13 gennaio 2011
Numero zero!
Allora si parte! Dopo tanto tempo, finalmente è giunto il momento dell’avvio del blog. Una lunga attesa, e adesso mi sento svuotato, le mani non hanno da scrivere, quasi tremano, la mente confusa. Devo fare un piccolo sforzo per concentrarmi qui, adesso. Il numero zero è sempre importante, quasi un piano programmatico.
La mia vita, la separazione, l’abbandono. Il dolore, il pianto, la gioia. La bellezza di Dio.
Ho ripreso ieri la macchina dal meccanico, e avrei dovuto riportarla oggi nel pomeriggio per terminare il lavoro. Urge, che domani devo andarci a Roma. Stamani quando parto per andare al lavoro, il mondo attorno è bianco, il gelo invernale consueto. Dopo una decina di chilometri mi rendo conto che l’ago della temperatura sta salendo indisturbato. Rapidissimamente elaboro la strategia, esco dalla superstrada appena posso e mi fermo. Non entra in funzione la seconda ventola. Poi accade che si scarica la batteria, poi insorgono problemi anche al radiatore. È un concerto in piena regola. È vero, questa macchina è stanca con i suoi 15 anni e forse meriterebbe un degno riposo, però contavo di usarla ancora per molto. Dovrei preoccuparmi, perché ho la sensazione che potremmo stare all’atto finale. Però la sola cosa che mi viene è di stare sereno, perché sto vivendo come i gigli dei campi, e se devo cambiare macchina in qualche modo, Qualcuno provvederà. Ho dolorosamente imparato, in questi anni, che più della mia parte non posso e non devo fare: poi bisogna mollare tutto nelle mani del Padre. Il mio dovere certo, nel mio piccolo, e poi perdere anche i problemi, le incognite, tutto.
Arriva poi la diagnosi: termostato rotto. Alla fine molto meno grave del prevedibile. Sarò senza macchina fino a lunedì, e domani come andrò? È tempo che mi metta ad organizzare il viaggio alternativo!
Alla fine, come sempre di recente, capisco che solo posso più vivere nella leggerezza di cuore, sulle ali del Vento…
La mia vita, la separazione, l’abbandono. Il dolore, il pianto, la gioia. La bellezza di Dio.
Ho ripreso ieri la macchina dal meccanico, e avrei dovuto riportarla oggi nel pomeriggio per terminare il lavoro. Urge, che domani devo andarci a Roma. Stamani quando parto per andare al lavoro, il mondo attorno è bianco, il gelo invernale consueto. Dopo una decina di chilometri mi rendo conto che l’ago della temperatura sta salendo indisturbato. Rapidissimamente elaboro la strategia, esco dalla superstrada appena posso e mi fermo. Non entra in funzione la seconda ventola. Poi accade che si scarica la batteria, poi insorgono problemi anche al radiatore. È un concerto in piena regola. È vero, questa macchina è stanca con i suoi 15 anni e forse meriterebbe un degno riposo, però contavo di usarla ancora per molto. Dovrei preoccuparmi, perché ho la sensazione che potremmo stare all’atto finale. Però la sola cosa che mi viene è di stare sereno, perché sto vivendo come i gigli dei campi, e se devo cambiare macchina in qualche modo, Qualcuno provvederà. Ho dolorosamente imparato, in questi anni, che più della mia parte non posso e non devo fare: poi bisogna mollare tutto nelle mani del Padre. Il mio dovere certo, nel mio piccolo, e poi perdere anche i problemi, le incognite, tutto.
Arriva poi la diagnosi: termostato rotto. Alla fine molto meno grave del prevedibile. Sarò senza macchina fino a lunedì, e domani come andrò? È tempo che mi metta ad organizzare il viaggio alternativo!
Alla fine, come sempre di recente, capisco che solo posso più vivere nella leggerezza di cuore, sulle ali del Vento…
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