Era quaranta anni fa, all’alba di uno dei primi giorni d’autunno.
Arrivai nel profondo nord col cuore proteso fuori, ben disposto. Pur dopo una notte in bianco in un allucinante viaggio in treno. Al bar della stazione bevevano bicchieri di vino bianco e grappa, io sconcertato bevvi il primo cappuccino in terra di confine.
Mi attendevano tredici mesi di servizio militare.
Quella mia partenza era stata a lungo discussa, coi miei amici. Avrei voluto essere obiettore, ma all’epoca era complicatissimo. Sprecavo un anno abbondante di vita per fare cose che mi apparivano scemenze, specie a quei vent’anni. Poi invece, insieme, venne fuori che si “doveva” andare. Si doveva, come tutti, cittadini soggetti alle leggi dello stato.
Partii col cuore leggerissimo e onestamente debbo dire di avere vissuto una esperienza in-raccontabile e forse pure incomprensibile.
Perché lì mi fu chiaro, chiarissimo, quanto contano nella vita i rapporti. I rapporti tra le persone. Le persone, che sono prima di qualunque cosa. E quindi la donazione, eventuale, con il cuore “oltre”.
Militare in una caserma che poi venne abbattuta nel post terremoto dell’anno dopo. Ma la cosa particolare era che lì vicino, in città, c’era gente che viveva come me. Abbiamo insieme vissuto qualche mese in forte simbiosi, specie con qualcuno di loro. Poi, a pochi chilometri dalla mia caserma era militare un altro nostro "consimile", che aveva il padre ministro nel governo dell’epoca. Quando non ci muovevamo insieme per la città, avevo la sua macchina a disposizione, un Dyane 4 che si accendeva con uno stratagemma, manco servivano le chiavi. Con questo miracolo a quattro ruote andavo in città quando serviva, costruivo con questi amici il mondo nuovo in cui credevamo fermamente e forse pure in modo puerile. Ma fu cosa seria, molto seria.
Era la nostra vita che metteva solide radici (“le radici sono importanti!”).
Ero il solo della mia caserma che non sognava il trasferimento vicino casa.
Un giorno, alla fila per il pranzo, mi cercarono, convocato d’urgenza al comando di Compagnia. Incredibile: ventiquattrore dopo dovevo essere a Roma. E chi lo aveva chiesto mai? Il capitano addirittura mi chiese se potevo in qualche modo far trasferire pure lui…
Dovetti lasciare un mondo in crescita, rapporti che promettevano, una terra e gente bellissime: si apriva un nuovo capitolo della vita.
Qualche anno dopo, era appena nato il mio primogenito, ad una scuola un po’ speciale ritrovai l'amico con cui avevo allora più costruito. Eravamo un bel gruppo, furono quindici giorni di vita convissuta ai massimi livelli. Massimi davvero.
Poi anni lontani, io feci il giro del mondo. Dovevo farlo.
Adesso, in epoca recente, per varie comunanze, ho conosciuto la moglie. Lei è ora la mia “caporedattrice invisibile”, che legge in anteprima quanto scrivo qui e mi rilascia il primo nihil obstat. Un passaggio importante, questo riscontro con una persona appassionata ed esperta di buone lettere. Col cuore e con la mente presenti, “sul pezzo”.
Sono insieme venuti al mio sessantesimo compleanno, erano i più lontani.
All’ultimo post lei ha commentato “finalmente ho letto... Tiene il filo... parte lontano (dal Giappone...) e arriva all'essenza... ma tiene... Al di là della forma, alla quale sono ormai abituata: virgole, non virgole... subordinate che iniziano dopo un punto... ma questo è il tuo stile ed ha finito per piacermi!”
Dopo il post mi ha scritto pure lui: “ciao Paolino. Solo 2 pensieri-titoli che mi frullano leggendo le tue righe.
Una seria, l'altra forse un po’ meno...
1) Oggi nel commento al Vangelo (la donna che perdeva sangue...) il celebrante diceva che il "miracolo" non è Gesù che la guarisce nella salute, ma la donna che, per un DONO di DIO, pur nel BUIO, nella PROVA, CREDE all'Amore. Oggi a messa sentendo questa affermazione sentivo Gesù mi parlava dentro e... mi sono commosso in lacrime.
2) Ma com'è possibile che a qualcuno possa piacere La grande bellezza??? Aiutami a capire. cmq ti abbraccio da fratello.”
Non faccio il critico cinematografico. Forse La grande bellezza mi piace perché tanto mi ci trovo dentro. Mi piacerebbe averlo fatto io (anche se qualcosa lo avrei fatto diverso)!
Mi tocca nel profondo, come tanti anni fa accadde con Palombella rossa (un film che piace a pochissimi, pur essendo - per me, ovvio - un capolavoro). Come La tigre e la neve, in epoca più recente.
La grande bellezza: la cercavamo pure noi. Ma non nella Roma caput mundi del film… io la trovai in una squallida caserma, e oggi, direi quasi, qui in questo solitario eremo.
La grande bellezza è pure in questa storia nostra, al limite del credibile.
La grande bellezza è dentro di noi, amico mio, fratello.
E poi lo sai meglio di me, no?
(foto mia, Umbria - estate 2015)
PS: Questo post, con questo titolo, meritava una foto apposita.
Ho pensato ai girasoli che qui da me, proprio ora, sono nel massimo fulgore, poi appassiscono.
Dato che la luce è importante (come le radici!), sabato mattina ho messo la sveglia come andassi al lavoro. Una levataccia per fermare in fotografia la breve storia di bellezza dei girasoli.
(La risoluzione permette, volendo, di utilizzarla come sfondo per desktop. La foto è scaricabile: click con tasto destro sulla foto e poi “salva immagine con nome”).
Caro Paolo, questo non è un post ma un testamento spirituale, un'eredità; però non "temere": poiché non è un tuo possesso, non sei tu il Donatore, tu sei un erede e a tua volta colui che nominerà suoi eredi di questo Dono (cioè tutti coloro che avranno fame e sete della grande Bellezza).
RispondiEliminaPerché in gioco non c'è un film, per quanto bello si possa ritenere, ma il senso primo e ultimo del nostro esistere, nel come e nel perché.
Vedi, riprendendo il film, possiamo dire di te: sessanta e non li dimostra, e quel filo d'oro all'apice in quei vent'anni, ancora di luce ricama questi tuoi giorni; ma ciò può accadere e ti accade perché ti sei radicato nella Bellezza, unica grande perché inizia con la A maiuscola...
Un abbraccio"filiale"