mercoledì 4 febbraio 2015

Margherita C.


Correva l’Anno Domini 1970.
Nel pieno dei miei 16 anni.
La prima contestazione giovanile era ancora nell’aria, le istanze rivoluzionarie e il bisogno di cambiare il mondo erano cosa di tutti i giorni. Nelle scuole si scioperava per tutte le ragioni possibili (e pure impossibili).

Avevo vissuto un ’68 tutto mio, lo avevo molto radicato dentro. Ricordo le mie angustie agli omicidi di Martin Luther King e di Bob Kennedy. La giustizia sociale, ma soprattutto - e mai se ne parlava: l’amore come soluzione finale. Il Vangelo. È di quegli anni il mio leggerlo e rileggerlo, quasi a impararlo tutto. Poi ci stavano Giuseppe Ungaretti e Ignazio Silone. Non erano Vangelo nudo e crudo, ma tutto di loro sempre lì mi riconduceva.
Forse mi nacque allora, ma decisamente inconscio, quanto affermai tanti anni dopo ad una caro e sapiente amico durante una passeggiata nei boschi svizzeri: “Sento il bisogno di far incontrare, di far toccare Cielo e terra”. E lui: “Figlio mio, e a chi non piacerebbe?

A sedici anni avevo già vissuto… tanto. E quello fu un anno proprio difficile.
Corsi anche il rischio di cambiare modalità di lotta, che tanto pareva impossibile cambiare pacificamente. La sola rivoluzione che alfine rischiava di apparire concretizzabile era quella cruenta. Ricordo che in casa litigavo con i miei vecchietti di continuo, tutte le occasioni erano buone. Eravamo mondi davvero lontani.

Nel mio palazzo abitava una anziana signora, Margherita C., classe 1900. Mai sposata, aveva affetto per me e mio fratello. A Natale avevamo sempre suoi regali. Un suo LP di Jimi Hendrix devo ancora averlo qui in giro… sarà inorridita nel comprarlo!?
Un giorno, incontrandomi, mi disse di una rivista cui era abbonata e che desiderava farmi leggere, poteva interessarmi. Si chiamava Città Nuova, ed era proprio strana, anomala. A me capitava di leggere altre riviste, credo Panorama, forse pure l’Espresso. Ma questo giornale era davvero particolare. Positivo, si parlava di vita vissuta, di Vangelo possibile e comunitario. Impossibile!? Io avevo oramai forti antipatie per i “cristiani della domenica”, e qui invece gente che parlava di Vangelo come le proprie tasche.
Ero sotto shock: questa la vita che sognavo, più leggevo e più ero affascinato. Attendevo trepidante che mi arrivasse la rivista. Certo avrei dovuto parlare con questa gente, ma la sola via era andare direttamente al giornale.
Erano altri tempi davvero, ed ero proprio giovane. Stavo titubante: vado, non vado, quando trovai una serie di indirizzi. Anche a Roma, anche nei miei paraggi (trenta minuti abbondanti a piedi).
Erano i primi di luglio, telefonai. Appuntamento il giorno dopo con un certo architetto. Mi presentai puntualissimo. Lui poi mi raccontò, e quanto ci abbiamo riso - è poi stato mio testimone di nozze, che vedendo alla porta un giovanetto pensò che capitava inopportuno, dato che aspettava il "signor Ricci" e non poteva dividersi!
Beh, chiarito il qui pro quo… ricordo solo che ci fu una specie di rapimento in Cielo.
Avevo trovato il Tutto, era lì la pietra filosofale, il fine di ogni mia ricerca di Verità. La Verità dei 16 anni, almeno quella dei miei tempi: una cosa seria.
Tornai a casa con una sensazione forte, e la ricordo molto nitida: se ne fossi stato capace avrei fatto capriole, ruote, piroette, salti mortali, invece che camminare... Ma li facevo comunque nel cuore festante.
Ai primi agosto ci stava un convegno di questa gente all’Aquila…. Era preciso per me! Mai mi avrebbero permesso di andare altrove, ma lì quasi giocavo in casa! Avevo qualche piccolo risparmio: ricordo che attraversai Roma, sino a viale Trastevere, e con diecimila lire acquistai una tendina canadese, quella più economica possibile. Mi attrezzai alla meglio e partii.
Ai bordi del campo sportivo dell’istituto Salesiano piazzai la mia tendina e vissi la settimana incredibile che cambiò il mondo, il mio mondo.

La prima svolta fu che in casa cessarono quasi di colpo i litigi. Evidente che dipendeva da me, tutto sempre dipende da me. Certo, le cause magari stavano sempre lì, ma era il mio vivere diverso che cambiava tutto.

Dopo ben 45 anni, questo mio ricordare di stasera nasce dall’esigenza, improvvisa ma ineluttabile, di ricordare Margherita C. Non so quando sia partita, oggi avrebbe 115 anni.
A lei giungano queste righe: le sono dedicate con gratitudine.
Ho con lei un debito grande, devo ringraziarla ancora. Ma certo riuscirò a farlo direttamente… è solo questione di tempo.

(Foto mia, da un dono recentemente avuto da persona a me sconosciuta - che ringrazio!)

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