lunedì 16 giugno 2014

Eroe o vittima?

Estate 1980.
Eravamo due innamorati impossibilitati ad una vacanza ensamble.
Lei partì per le Dolomiti con delle amiche.
Io alla fine accettai l’invito di amici e feci un lungo viaggio sino a Barcelona. In sei, con un furgone ed una macchina. Un viaggio avventuroso. E doloroso per una separazione non voluta.

Ricordo nitida una telefonata in Italia da un bar di Sitges, forse. Dopo un paio di settimane senza comunicazione alcuna.
C’era una piazza assolata, calda, il cuore alle stelle. Parole poche, sintetiche, timide, colme.
E la fretta di tornare in Italia, e finalmente rivederla.

Fu una grande bella vacanza. Una fase molto creativa per la mia fotografia. E tanti aneddoti da raccontare. Dal caffè fatto per sbaglio con l’acqua salata di una fontanella sul mare al trovarsi nel mezzo di un accoltellamento nel centro di Marsiglia. Alle pastasciutte cotte sui marciapiedi di un qualche parco cittadino, alle tantissime risate - ci si voleva bene davvero!

Uno di noi, studente di architettura appassionato, doveva assolutamente arrivare sino a Barcelona. C’era da vedere cose di un tale Gaudì. Ci condusse recalcitranti ad un parco - Parc Guell – e ci illustrò le grandezze… di un parco fatto con spezzoni di piastrelle, tutta roba di recupero, strana, anomala. Scoppiammo in infinite risate e lo prendemmo in giro per tutto il viaggio di ritorno. Sino in Spagna per vedere quelle cose?

Tanto tempo è passato. Il nostro amico è partito presto. Aveva un appuntamento in Cielo prima del nostro tempo. Forse aveva corso già tanto. Stava avanti da sempre.

Io son tornato a Barcelona negli scorsi giorni anche pensando a lui. Ci sta la mia piccola, architetto pure lei, per un lavoro temporaneo.

Barcelona è una città incredibile. Siamo andati al Parc Guell, e vi abbiamo mangiato panini con birra sul calar del sole. Ho respirato in parte l’aria di trentaquattro anni fa. Sempre senza la mia sposa, seppur molto diverso. Questa vita mi sta passando. Va bene. Non la cambierei né la cambierò con alcuno.

Al mio compleanno mi ha scritto un vecchio amico, provocatoriamente.
Ai sessanta si possono e debbono fare bilanci. Chiede: “Come ti senti, eroe o vittima?” 

Eroe proprio no, sono ben lontano.
Ma nemmeno vittima, che oltretutto vedo attorno a me tante realtà molto molto più dolorose della mia.

Mi sento come uno che fa quel che deve, semplicemente.
Che finalmente ha un po’ capito cosa deve. E si impegna a farlo, pur nei suoi limiti.

Certo, mi sento anche un miracolato che poi fa miracoli continui.
Perché dare fiducia, continuare a vedere il disegno di Dio sul proprio matrimonio dopo quattromila notti che dormi solo è un miracolo: non sono certo io, Paolo, non mi riconosco proprio…

Mi sento come uno che sta sul Golgota, nell’ora nona… come bene dipinge Igino Giordani:
“Bisogna stare davanti a lui, e quindi di fronte all’umanità che si ricapitola in lui, come Maria, la quale, mentre dintorno le folle irridono, contempla, senza crollare, il suo figlio unico, il figlio senza pari, che si strazia dissanguandosi. Ella non fugge, né sviene, per non lasciarlo solo: si fa attivamente una con lui. Ritte e ferme contro la tempesta, nell’ora decisiva, non stettero che Maria e la croce…”
Nell’ora decisiva, contro la tempesta: Maria e la croce.

(foto mia - Barcelona, giugno 2014 - Parc Guell e La Sagrada Familia)

1 commento:

  1. Mi "dispiace", Paolo, è il tuo dolore il cannocchiale sul belvedere che fa vedere di lontano la bellezza della nostra umanità, Come il Cristo del Grido, anche tu crocifisso sei quel vuoto che rivela all'umano l'umano di Dio.
    Allora: grazie!

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