Devo dire in tutta onestà che questa solitudine è polivalente.
Ovvero: un bene, un male. Dipende.
Dipende da come sto dentro io, da come la vivo.
Ma questo ovviamente vale per tutte le cose al mondo. Perché pure la compagnia, lo stare in allegra compagnia, cambia decisamente in conseguenza del mio essere "dentro".
A volte mi parlo da solo, mi metto a ridere davanti allo specchio, parlo con la mia sposa “virtuale” come se fosse qui con me. Perché questo è, dovrebbe essere.
Dice: rassegnati! Ma di cosa? A me la rassegnazione? Non so cosa sia! So solo che ho un matrimonio bello e vivo (un poco anomalo, eh!), che ho una sposa leggermente distratta, dei figli meravigliosi… e il tempo che galoppa. Sì, alla fine tutto è sempre e solo nel tempo, è il tempo. È una funzione di Dio, forse tale da esserne un tutt’uno.
Questo tempo che mi avvicina sempre più, che vivo attimo per attimo qui nell’eremo e ovunque, che mi permette di non sapere più il mio passato, e certo nemmeno il futuro.
Che mi offre di continuo tutto e nulla, dipende da me.
Nella libertà, quella di figlio di Dio. Quella di scegliere ogni istante, di non avere un “destino” a cui sottomettermi.
Penso di avere un disegno (qualche volta pare uno scarabocchio!) che si sta delineando sempre più… nel dolore. Questo dolore che mai finisce, questa frattura del cuore che se da un lato mi ha permesso crescite impensabili (e forse nemmeno sognate!) mi ha amplificato il cuore, aperto gli occhi, dilatato i pori, dall’altra mi costringe ad invecchiare da solo, ad avere mani inutili, a sognare il cuore distratto della bella che sposai.
Certo potrei cambiare modo di vivere, fare come fan tutti (quasi). Sono stato e sono di continuo invitato alla distrazione, anch’io. Ma troppo ho vissuto per non sapere ormai quel che vale.
Ed ecco che questa libertà si intreccia col tempo: a che pro vivere cose che so bene non avere valore vero “nel tempo”? Perché oltre all’immediato, poi nulla dura. È come sotto il sole del deserto: nulla resiste.
Il tempo passa: inesorabile, signore della storia. E se Paolo invecchia.. i figli e i nipoti crescono!
Nei giorni scorsi sono andato ad aiutare mia figlia coi piccoli. Tio, tre anni, si è svegliato malissimo, molto contrariato, non ha voluto nemmeno fare merenda. C’era un sole bello, siamo usciti. Gli ho chiesto se gli piacciono i cornetti: "sììì!" "Allora andiamo al bar, e ti prendi cornetto e caffè?" "Noooo, il caffè non lo voglio, non è per i bimbi." "Allora cappuccino?" Noooo!" "Allora latte?" "Sìììì!"
Insomma, siamo andati al bar e questo giovanotto è stato felicissimo, ha scelto al banco, e poi al tavolo seduto da grande ha mangiato un cornetto con un bicchiere di latte con cacao…
Credo di non aver mai portato miei figli in un bar, specie da piccoli! Ah, il tempo, cosa fa!
“Nonno” ha una sua bellezza, come ogni epoca della vita. Vissuta nel presente, profondamente.
Poi a casa io e lui abbiamo ripreso a vedere la Cenerentola di Rossini, da youtube, una versione particolare e godibilissima. Una favola raccontata non da cartoons ma da umani che parlano fiabesco! Sta molto preso da questa storia, la vediamo insieme, mi chiede tutto, come si chiamano, perché una cosa o perchè un’altra.
A ora di cena non voleva saperne: non poteva interrompere Cenerentola per mangiare! Son rimasto stupefatto. Non credo si sia mai visto un bambino di tre anni fare i capricci per vedere l’Opera, per quanto particolare.
Con tutte queste cose che mi turbinano dentro, arriva una luce sferzante, ancora: «… anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due.…».
Me ne ero dimenticato, è la mia fotografia.
In tribunale ci son stato portato realmente, e ho lasciato ben altro che tunica e mantello.
E devo continuare a fare ancora miglia, anche se già siamo ben oltre le due…
(foto mia, monte Subasio)
Ovvero: un bene, un male. Dipende.
Dipende da come sto dentro io, da come la vivo.
Ma questo ovviamente vale per tutte le cose al mondo. Perché pure la compagnia, lo stare in allegra compagnia, cambia decisamente in conseguenza del mio essere "dentro".
A volte mi parlo da solo, mi metto a ridere davanti allo specchio, parlo con la mia sposa “virtuale” come se fosse qui con me. Perché questo è, dovrebbe essere.
Dice: rassegnati! Ma di cosa? A me la rassegnazione? Non so cosa sia! So solo che ho un matrimonio bello e vivo (un poco anomalo, eh!), che ho una sposa leggermente distratta, dei figli meravigliosi… e il tempo che galoppa. Sì, alla fine tutto è sempre e solo nel tempo, è il tempo. È una funzione di Dio, forse tale da esserne un tutt’uno.
Questo tempo che mi avvicina sempre più, che vivo attimo per attimo qui nell’eremo e ovunque, che mi permette di non sapere più il mio passato, e certo nemmeno il futuro.
Che mi offre di continuo tutto e nulla, dipende da me.
Nella libertà, quella di figlio di Dio. Quella di scegliere ogni istante, di non avere un “destino” a cui sottomettermi.
Penso di avere un disegno (qualche volta pare uno scarabocchio!) che si sta delineando sempre più… nel dolore. Questo dolore che mai finisce, questa frattura del cuore che se da un lato mi ha permesso crescite impensabili (e forse nemmeno sognate!) mi ha amplificato il cuore, aperto gli occhi, dilatato i pori, dall’altra mi costringe ad invecchiare da solo, ad avere mani inutili, a sognare il cuore distratto della bella che sposai.
Certo potrei cambiare modo di vivere, fare come fan tutti (quasi). Sono stato e sono di continuo invitato alla distrazione, anch’io. Ma troppo ho vissuto per non sapere ormai quel che vale.
Ed ecco che questa libertà si intreccia col tempo: a che pro vivere cose che so bene non avere valore vero “nel tempo”? Perché oltre all’immediato, poi nulla dura. È come sotto il sole del deserto: nulla resiste.
Il tempo passa: inesorabile, signore della storia. E se Paolo invecchia.. i figli e i nipoti crescono!
Nei giorni scorsi sono andato ad aiutare mia figlia coi piccoli. Tio, tre anni, si è svegliato malissimo, molto contrariato, non ha voluto nemmeno fare merenda. C’era un sole bello, siamo usciti. Gli ho chiesto se gli piacciono i cornetti: "sììì!" "Allora andiamo al bar, e ti prendi cornetto e caffè?" "Noooo, il caffè non lo voglio, non è per i bimbi." "Allora cappuccino?" Noooo!" "Allora latte?" "Sìììì!"
Insomma, siamo andati al bar e questo giovanotto è stato felicissimo, ha scelto al banco, e poi al tavolo seduto da grande ha mangiato un cornetto con un bicchiere di latte con cacao…
Credo di non aver mai portato miei figli in un bar, specie da piccoli! Ah, il tempo, cosa fa!
“Nonno” ha una sua bellezza, come ogni epoca della vita. Vissuta nel presente, profondamente.
Poi a casa io e lui abbiamo ripreso a vedere la Cenerentola di Rossini, da youtube, una versione particolare e godibilissima. Una favola raccontata non da cartoons ma da umani che parlano fiabesco! Sta molto preso da questa storia, la vediamo insieme, mi chiede tutto, come si chiamano, perché una cosa o perchè un’altra.
A ora di cena non voleva saperne: non poteva interrompere Cenerentola per mangiare! Son rimasto stupefatto. Non credo si sia mai visto un bambino di tre anni fare i capricci per vedere l’Opera, per quanto particolare.
Con tutte queste cose che mi turbinano dentro, arriva una luce sferzante, ancora: «… anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due.…».
Me ne ero dimenticato, è la mia fotografia.
In tribunale ci son stato portato realmente, e ho lasciato ben altro che tunica e mantello.
E devo continuare a fare ancora miglia, anche se già siamo ben oltre le due…
(foto mia, monte Subasio)