martedì 15 gennaio 2013

Vacanze romane

Son stato una settimana a Roma, c’era una persona cara in ospedale, e son stato presente. 
Non proprio una vacanza in senso stretto, ma giornate davvero belle e intense. 
Mi ero ripromesso di fare tante cose in questi giorni, amici da vedere… e invece il tempo è volato via incredibilmente veloce. D’altronde ero lì per fare esattamente quel che poi ho fatto, assistenza. E quindi andato tutto come doveva.
Oltre le realtà che mi toccavano direttamente, da vicino, mi son trovato dentro il dolore di persone sconosciute, quello impossibile, quello che non lascia speranza. Giovani vite già vissute in grandi difficoltà e che ora stanno rapidamente svanendo. Hai una lacrima che devi bloccare, puoi solo mettere tutto nel cuore del Padre, sei inane.

Ma questa cosa la so da tempo oramai, ne ho le cicatrici. Sempre vorrei intervenire, attivo. E invece accade spesso che devo starne fuori, non posso lenire il dolore, nulla posso per risolvere.
Devo fare silenzio, devo divenire trasparente.
E mi trovo poi ad entrare nella spaccatura per empatia quasi, per condivisione silente e lontana del dolore. Una scelta d'amore diverso, distillato, sereno, onnipotente quasi.

Un tempo mi sentivo forte, che tanto potevo e dovevo (cosa che con i figli piccoli in qualche modo è quasi un dovere di padre). Oggi sempre più, anche dal mio vivere dentro, scopro che in fondo questa è la vita di Maria nello Stabat Mater. Nulla di materiale posso, né debbo fare. Solo essere.
"Donna, ecco tuo figlio". Nel mio piccolo, essere madre dell’umanità.
E quindi la sola cosa invece certamente possibile, sempre, è inabissarmi, anzi elevarmi, nel vivere il presente lì dove sono, come sono, con chi sono. 

(foto mia, Umbria 2009)

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