Alcune settimane fa, quando qui in Umbria si è scatenato il nubifragio, avevo da incontrare degli amici e, da perfetto incosciente (forse), son tornato a casa la sera tardi.
Per strada era un diluvio mai visto, pericolosissimo, e le macchine viaggiavano incolonnate sulla destra, sui 60 km orari, mentre gli autotreni sfrecciavano veloci in corsia di sorpasso. Nemmeno nei film!
Son rientrato in casa giusto in tempo: poco dopo sono esondati due fossi e mi son trovato circondato dall’acqua, e qualcosa è entrato pure in casa e in cantina.
In quei momenti, mentre vedevo l’acqua salire di livello e tentavo di arginare la marea silenziosa e inesorabile, mi veniva da parlare col Cielo, col mio Dio che certo vedeva quanto stava accadendo. Forse ho pregato, istintivo. Ma ero preso dal “fare”, non potevo fermarmi, completamente fradicio e infangato.
I danni alfine son stati davvero pochi - poteva accadere molto peggio - poi l’acqua ha trovato una via d’uscita ed è defluita via, rapida e rumorosa, di un rumore non bello, inquietante.
È piovuto ancora, negli scorsi giorni, e la terra pare non voler più assorbire acqua, laghi oramai fangosi ovunque. Tornando da una fugace visita al nipotino, la luna veniva riflessa ovunque, pareva di stare dentro una laguna. Uno spettacolo nuovo e bello, seppur preoccupante.
Mio figlio è partito, anche lui con la sua bella dose di incoscienza (forse), a lavorare dall’altra parte del globo. Un tuffo nel buio, e non è la prima volta. Avevo ansia: è così ad ogni partenza anche se so bene che tutto è nelle mani di chi può.
A casa trovo posta, mi ha scritto Gennaro, un caro “amico di email”. Incredibile come spesso riesca a scrivermi parole precise per la mia vita, in un modo poetico e particolare:
“Vai avanti: il più è fatto; il più bel cielo porta la nostra coda che è sulla terra”.
Stamani sto male, coliche, i miei dolori di sempre. Con sacrificio riesco ad avere i soliti orari, la macchina mi segnala che devo urgentemente mettere carburante. Mi fermo, sono nella nebbia. Battute col benzinaio, poi rientro sulla strada. Pericolo di ghiaccio. Sono cosciente che ho una vita sola, e la sto vivendo al massimo. Anche facendo le piccole cose di ogni giorno, senza eventi particolari. Come tutti, quasi tutti sulla terra. Penso a mio figlio che macina migliaia di chilometri come acqua fresca, e affronta mondi nuovi in lingue sconosciute.
Io son qui, nella nebbia solita, ma il cuore sta su, molto su.
“Sursum corda!” diceva il celebrante alla messa in latino (vado a memoria): In alto i cuori!, e si rispondeva: “Habemus a dominum”: Abbiamo un Dio! Bellissimo.
Tutto pronto per pubblicare... ma faccio mio quanto mi scrive una carissima amica:
"Oggi... 7 dicembre, un sì all’umanità che patisce, che spera, quella che mi passa accanto... o quella che piange e vuole una consolazione, quella che soffre e vorrebbe trovare un filo di speranza… seppur inadeguatamente fa' o Signore che la trovino in me, in uno sguardo una parola un gesto ‘adeguato’... fa’ che arrivi TU attraverso di me!"
(foto mia, Umbria 2011)
Grazie Paolo. Metti in comunione la tua vita che è piena di perle preziose per chi legge. La tua esperienza, la tua saggezza, trovano sempre risposta nel Dio che è Padre nostro. Sei faro per chi "frena" sempre davanti alle immancabili difficoltà che la vita ci riserva, senza riconoscerle ...
RispondiEliminaLe distanze ci separano, ma ti sento sempre molto vicino. Carlo
La risposta al Sursum corda! della messa in latino è ancor più bella di quel che hai immaginato. Infatti è: Habemus ad Dominum, che vuol dire: abbiamo i cuori ( forse anche un po' esortativo) rivolti verso il nostro Signore Dio. Un Dio che essendo amore non può che attrarre i cuori. A quel Dio convergono i cuori di quelli che amano anche a distanza. Come il mio e il tuo.
RispondiEliminaCiao
Cesare