In questi ultimi giorni ho vissuto un periodo di ferie un po’ particolari. Mi son reso libero per essere a disposizione di mio figlio, di passaggio qui da noi per breve tempo.
D'altronde lo si vede pochissimo da anni, e questa era un'occasione unica. Un respiro ampio di famiglia da fargli portare via. Debbo dire che la famiglia c’è stata, in tutti, e mi pare siamo riusciti nell’intento.
Il culmine ieri sera, riuniti attorno a una tavola, una sorta di ultima cena. Complice la trippa che avevo cucinato in abbondanza per l’occasione.
Nel discutere di varie cose, ho fatto un commento molto pesante su una personalità pubblica che reputo abbia fatto delle cose pessime. Eravamo in famiglia: c’è stato un sollevarsi di critiche anche aspre. Vorrei qui chiedere scusa pubblicamente. Ma non intendevo criticare la persona, bensì il suo operato.
Con gli anni, anche se a volte può non apparire, sto imparando a leggere le vicende umane, e il cuore degli uomini, con gli occhi di Dio. Che non condanna la persona, distinguendola dal suo agire.
E comunque, incredibile la famiglia! Ti si può obiettare duramente, e un attimo dopo è tutto come prima! Ovvero: il rapporto è superiore al contingente.
Debbo dire che sta circolando molto amore, tenerezza serena, luce.
E stasera, dopo pochi giorni senza un attimo quasi, stanco, il mondo mi è tornato ai ritmi consueti.
Oltretutto, questo figlio a breve si trasferirà diecimila chilometri lontano da noi: mi accorgo che devo introdurre nel mio vocabolario della mente nuove nozioni, nuovi parametri. Chilometri? Casa? Famiglia? Le nuove generazioni stanno rivoluzionando questi concetti. Anche se mi viene da pensare ai nostri avi emigranti, certo in situazioni completamente differenti. E a tutti i migranti di oggi in cerca di vita migliore.
Ho una sensazione strana, questo nuovo, ulteriore strappo nella mia vita: dovrei forse dire che nel cuore c’è un dolore in più? Dovrei dire che sono ancora più solo?
Posso solo dire che Dio è ancora più, da stasera, nel mio vivere.
(foto mia, Umbria 2009)
sabato 24 novembre 2012
martedì 20 novembre 2012
Lo specchio
È davvero tanto tempo che non mi metto qui a scrivere, per me, per voi. Questa, che mi è stata una felice consuetudine per lunghi mesi, ad un certo punto mi è divenuta quasi un peso. Ho dovuto staccare, non pensarci nemmeno.
Non è la prima volta che accade, ma mai come ora. Tutto è nato a causa di un post importante pronto da pubblicare, ma non piacendomi, dopo tanti tentativi di chiusura… mi sono arreso e mi sono occupato di altro, soprattutto con la mente.
Una sorta di disintossicazione da una realtà che rischia di divenire più forte, in me, di quello che sono e vivo. Come se questo scrivere dominasse il mio esistere, ponendomi sempre davanti ad uno specchio e togliendomi la libertà: cosa che non posso assolutamente permettere.
Poi un amico mi ha scritto facendomi notare che nel nuovo portale di Città Nuova compare anche la data dell’ultimo post… ed io sto un poco arretrato!
Intanto: complimenti veri a tutti i “colleghi” per la nuova veste e la nuova organizzazione del sito.
Ma ciò che mi dà una sonora botta in testa, e mi riporta “davanti allo specchio”, è vedere la mia foto lì sul portale, sempre in bella mostra! Una cosa terribile e bella al contempo: dire che “ci metto la faccia” è sempre più una compromettente realtà.
Avevo iniziato a scrivere con una frequenza maggiore, che si è man mano diradata. La vita cambia, i tempi e gli eventi e il vivere interiore non sono mai eguali.
Però ho l’impressione, oggi, che questo mio scrivere debba divenire sempre più amore, solo amore. Se penso a voi che siete a leggere queste “storie da una vita qualunque”, ho la piena responsabilità di farvi sapere che ogni vita merita di essere vissuta, e pure raccontata, perché ogni vita è un pezzetto di Eterno qui in terra, ogni vita compone un piccolo tassello del grandioso puzzle che si chiama Storia.
Sto terminando la lettura di un libro che da alcuni giorni mi avvince, la storia di una donna (quasi) qualunque, Elena Hoehn Alvino. Una donna che ha vissuto cento anni da protagonista. E certo ognuno di noi può essere protagonista, non facendosi passare la vita addosso, ma inoltrandosi attimo dopo attimo nel proprio disegno, in ciò che la vita ti destina seppur incomprensibile e forse indesiderabile.
Ovvero: entrare nel filo d’oro che tutto lega e compone, se riesci ad andare oltre le apparenze.
Poi magari ti accade di vivere realtà inaugurabili quali l’abbandono e la separazione, e ti si chiede di raccontare al mondo come vivi, e quindi sostanzialmente metterti in piazza, ai quattro venti.
In…separabili: mi ritrovo oggi a rimettere a fuoco tutto. Questi tre banali puntini, che legano e significano, mi divengono programma di vita sempre più coinvolgente.
(foto mia, Umbria 2006)
Non è la prima volta che accade, ma mai come ora. Tutto è nato a causa di un post importante pronto da pubblicare, ma non piacendomi, dopo tanti tentativi di chiusura… mi sono arreso e mi sono occupato di altro, soprattutto con la mente.
Una sorta di disintossicazione da una realtà che rischia di divenire più forte, in me, di quello che sono e vivo. Come se questo scrivere dominasse il mio esistere, ponendomi sempre davanti ad uno specchio e togliendomi la libertà: cosa che non posso assolutamente permettere.
Poi un amico mi ha scritto facendomi notare che nel nuovo portale di Città Nuova compare anche la data dell’ultimo post… ed io sto un poco arretrato!
Intanto: complimenti veri a tutti i “colleghi” per la nuova veste e la nuova organizzazione del sito.
Ma ciò che mi dà una sonora botta in testa, e mi riporta “davanti allo specchio”, è vedere la mia foto lì sul portale, sempre in bella mostra! Una cosa terribile e bella al contempo: dire che “ci metto la faccia” è sempre più una compromettente realtà.
Avevo iniziato a scrivere con una frequenza maggiore, che si è man mano diradata. La vita cambia, i tempi e gli eventi e il vivere interiore non sono mai eguali.
Però ho l’impressione, oggi, che questo mio scrivere debba divenire sempre più amore, solo amore. Se penso a voi che siete a leggere queste “storie da una vita qualunque”, ho la piena responsabilità di farvi sapere che ogni vita merita di essere vissuta, e pure raccontata, perché ogni vita è un pezzetto di Eterno qui in terra, ogni vita compone un piccolo tassello del grandioso puzzle che si chiama Storia.
Sto terminando la lettura di un libro che da alcuni giorni mi avvince, la storia di una donna (quasi) qualunque, Elena Hoehn Alvino. Una donna che ha vissuto cento anni da protagonista. E certo ognuno di noi può essere protagonista, non facendosi passare la vita addosso, ma inoltrandosi attimo dopo attimo nel proprio disegno, in ciò che la vita ti destina seppur incomprensibile e forse indesiderabile.
Ovvero: entrare nel filo d’oro che tutto lega e compone, se riesci ad andare oltre le apparenze.
Poi magari ti accade di vivere realtà inaugurabili quali l’abbandono e la separazione, e ti si chiede di raccontare al mondo come vivi, e quindi sostanzialmente metterti in piazza, ai quattro venti.
In…separabili: mi ritrovo oggi a rimettere a fuoco tutto. Questi tre banali puntini, che legano e significano, mi divengono programma di vita sempre più coinvolgente.
(foto mia, Umbria 2006)
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