Canta Battiato: più si invecchia più affiorano ricordi come se fosse ieri...
(e qui risaliamo a 52 anni indietro!)
Ieri notte, nella mia oramai frequente insonnia, mi implode questo ricordo bello, impellente: primi di agosto 1973, il mio primo viaggio da solo in macchina, un'emozione forte. Avevo preso la patente appena possibile dopo compiuti i 18 anni, da privatista, come si usava all'epoca per ridurre i costi. Mio importante aiuto fu Antonio D., grande amico pur che abitava dall'altra parte di Roma, con la macchina della mamma. Una Opel Kadett color caffellatte che era sostanzialmente una derivazione di un panzer tedesco della guerra mondiale. Ma erano così le macchine tedesche, io poi presi una Ford Escort 940 due porte, struttura analoga, consumi da paura, ripresa zero e frenata idem; eppure sono ancora vivo, zero incidenti (seri).
La mattina del 2 novembre 1972 eravamo nei pressi di san Giovanni, a Roma, con Antonio e la macchina della mamma (grande donna evidentemente, una che metteva la sua automobile a disposizione di uno sconosciuto amico del figlio), a fare l'esame pratico di guida. Avevo fatto le guide con la Kadett e con la 126 con Egidio S., un grande della storia che all'epoca non ero in grado di comprendere. Ma avevo 18 anni e capivo praticamente quasi nulla, per quanto la testa fosse piena di bei progetti.
Questa patente e la macchina disponibile cambiarono la vita mia e della famiglia, ora c'era una autonomia di mobilità, non era poco!
Quell'anno, 1973, dopo tre anni di Mariapoli fatti a L'Aquila all'Istituto Salesiano, c'era Assisi, la Cittadella... a me si apriva un nuovo mondo. Oggi ci vivo nei pressi, all'epoca mi era inimmaginabile.
Ho memoria certa di un viaggio mattutino, dopo aver a lungo studiato il percorso, con le cartine sul sedile destro, luoghi mai visti, strade sconosciute, e ci si poteva solo fidare dei cartelli, del senso di orientamento, e delle cartine che all'epoca erano la sola fonte di conoscenza del territorio. Credo di essermi fermato tante volte per verificare la strada, e di aver certo sbagliato. Cosa molto possibile, sbagliare strada... importante poi ritrovarla, pure nell'esistenza.
Partivo dai pressi de l'Aquila e andavo ad Assisi, in linea d'aria non tanti chilometri ma sicuramente ci avrò messo parecchio, per cui arrivai ora di pranzo con grande emozione e gioia. Ritrovare il mio ambiente romano trasferitosi per l'occasione ad Assisi era cosa bellissima. Poi andare in Mariapoli significava andare nella città di Maria a costruire la città di Maria. E questo era il top, era il momento importante dell'anno. Quando andai la prima volta nel 1970, avevo 16 anni in piena immane grandissima crisi adolescenziale, ebbi una folgorazione radicale. Avevo trovato quello che serviva a vivere giusto, a vivere secondo i miei sogni. Si chiamava Ideale, a 16 anni scoprire l'ideale più grande possibile e vederlo reale e travolgente: notevole! Poi per carità, magari accade con gli anni che ti scordi tutto e vivi altro... evidentemente però la tua storia è quella.
Ricordo un caldo atroce, acqua poca e calda, le dure salite per andare a dormire nella tendopoli piazzata in un oliveto di suore su ad Assisi alta. Ero con la mia tendina Callegari & Ghigi acquistata tre anni prima a 9.500 lire (sì, avete ben compreso: l'equivalente di meno di 5 euro di oggi...). Andai a comprarmela con i risparmi accantonati (!) in autobus, il mitico 60 che faceva capolinea a viale Trastevere, attraversando Roma in una calda ma per me euforica mattina estiva. Per la cronaca: la tenda ancora esiste e funziona, qualche anno fa l'ho montata per giocarci coi nipoti...
Ad Assisi c'era molto da lavorare per preparare, e certamente fui molto impegnato. Per il sabato sera mettemmo in scena il solito spettacolo, che però stavolta era una cosa un po' particolare, tale da rimanere nella storia, almeno quella nostra. C'era con noi Daniele R. con il suo musical Resurrezione da mettere in scena in prima mondiale. Chi suonava chi recitava chi mimava. Io fotografavo, of course. Ci fu un grande concorso di energie e il risultato fu memorabile, nelle nostre menti giovani.
Poi la vita passa, a venti anni anni sei padrone del mondo perché hai ancora tutto da sognare edificare vivere. È giusto così.
Da quella memorabile mattina agostana ho viaggiato tanto, e troppo spesso da solo. A occhio in oltre cinquanta anni dovrei aver fatto almeno un milione di chilometri, e non ho vissuto in macchina per mestiere, anzi.
Oggi, a viaggiare da solo non ce la faccio più, è un dolore per quanto banale. E viaggiare è probabilmente una delle cose più belle del vivere.
Del Viaggiare ne scrive Andrei Tarkovsky, che va ben oltre queste mie considerazioni:
C'è un solo viaggio possibile: quello che facciamo nel nostro mondo interiore.
Non credo che si possa viaggiare di più nel nostro pianeta.
Così come non credo che si viaggi per tornare.
L'uomo non può tornare mai allo stesso punto da cui è partito, perché, nel frattempo, lui stesso è cambiato.
Da sé stessi non si può fuggire.
Tutto quello che siamo lo portiamo con noi nel viaggio.
Portiamo con noi la casa della nostra anima, come fa una tartaruga con la sua corazza.
In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l'uomo un viaggio simbolico.
Ovunque vada è la propria anima che sta cercando.
Per questo l'uomo deve poter viaggiare.
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