Mancavo da tanti anni, qui, solo, nella casa che mi ha visto nascere.
Dopo la partenza di mamma, e oramai son quasi venti anni, le vicissitudini coniugali sempre più intrecciate, i figli che crescono e giustamente guardano altrove, mai era accaduto. Tante volte, ma sempre di corsa o comunque con i ragazzi.
Invece ora, quasi spinto da un bisogno inconsapevole, son qui, per tanti giorni e solo. Un nuovo equilibrio, ancora, urge.
Le motivazioni ci sono, e valide: questa casa necessita di una infinità di lavori di manutenzione “ordinaria” che sono sempre in arretrato.
In parecchi mi hanno dato del matto, che stavo qui solo e per tanto tempo. E poi già vivo tutto l’anno in campagna, nel mio eremo, nel mio consueto “silenzio e solitudine”!
Ma venire qui è stato affrontare ancor più l’ignoto, nel fondo, ritrovare le radici estreme. Qui il silenzio - specie notturno - è assoluto davvero, e sono dentro un paese. Il cielo è stracolmo di stelle ancor più, si toccano. Le mura sanno di mio padre, tutto sa di lui, come di mamma la cucina.
Il tempo si è fermato, e so che, quando sarà, debbo lasciare ai miei figli situazioni non ingarbugliate. Ci debbo lavorare, sto molto indietro.
Ho con me tanta musica lirica, alcuni film di Bergman, diversi libri. Tra questi un Montalbano terminato rapidamente, ed uno regalatomi dai miei amici Anna Maria e Berardo ai sessantanni dicendomi “In questa nuova stagione solo il presente ha valore, ed in ogni presente rimane solo quanto siamo capaci d’amare!”.
È un libro che solo ora apro e, guarda caso, parla proprio di me, oggi. Enzo Bianchi, dal suo monastero di Bose, dal suo eremo sempre così affollato, che invita a guardare “dentro”!
Ma era proprio quello che mi spingeva, evidente, ed era ciò che sentivo, vago forse, già scrivendo il precedente post.
In questa fase della vita, in cui sempre più vado dentro, mi trovo poi a proiettare fuori tanto, ovvero anche a scrivere, a proposito e forse pure eccessivo a volte, ma che comunque e sempre nasce dal bisogno di Verità.
Pare un disegno che si dispiega. Si farebbe prima a parlare, preferirei di molto. Ma con chi? La mia interfaccia naturale, la parte di me più bella, la mia sposa, non c’è.
Sono solo, scrivo. Molto faticoso e a volte doloroso, lo scrivere, credo sia esperienza comune in chi scrittore non è, come me. Però ineludibile a volte, specie quando accadono cose che ti interpellano da vicino.
Un esempio, la richiesta reiteratami da parte di una tale "RAI" che mi chiede di pagare un canone per una cosa che non conosco, non possiedo, detesto. Ovvero la televisione. Son stato costretto a scrivere, mio malgrado, una lettera per esternare la mia ripugnanza al loro arrogante assioma: “esisti, quindi hai il televisore”. Chissà se proprio non arrivano a capire, o fingono, che possa esistere gente libera, liberata dalla loro televisione?
Sono andato alla basilica di Santa Maria di Collemaggio, a L’Aquila.
Una delle meraviglie del mondo e molto poco conosciuta. C’è sepolto Celestino V, ci sta una delle poche Porte sante esistenti fuori la città di Roma.
Era chiusa, e con me tanti visitatori delusi. Pare abbia delle colonne pericolanti. Qui i lavori del dopo-terremoto sono molto indietro, come in tutta la città. Si è costruito (troppo e male: dà dolore vedere case viola quasi si fosse a Burano piuttosto che in pieno Appennino) fuori dalla città, cattedrali nei deserti, e si è lasciata morta una città stupenda. E pensare che trecento anni fa, dopo un analogo terremoto, e regnavano i famigerati Borboni, la città presto tornò alla sua antica bellezza.
Poi ho avuto invece una specie di grazia. Mi son trovato dentro una chiesa nuova, bella, accogliente, umana. Un giovane prete che era lo specchio della chiesa.
Ad una parete questo quadro.
C’è tutto, pure la mia vita. Maria presente, che tutto com-prende, nella notte del male.
(foto mia - L'Aquila, chiesa dei Santi Mario e Marta - coniugi e martiri)