Piove di nuovo stamani, ho dovuto alzarmi di corsa dal letto, era presto e me ne stavo tranquillo leggendo del matrimonio cristiano. Ieri era bel tempo, avevo lasciato sul terrazzo una panca di legno in fase di restauro, e quindi esposta alla pioggia. Il tempo pare regredito, abbiamo vissuto giornate di primavera inoltrata, poi è giunta la neve sui monti, il freddo ovunque.
E intanto, in questo ciclo annuale in cui la Chiesa rivive tutti gli avvenimenti del Vangelo, siamo di nuovo all’evento cruciale della storia, in questi tre giorni che hanno cambiato tutto. La morte, la discesa agli inferi, la Resurrezione.
Lo scorso week end sono stato di nuovo male, con il mio malanno “solito”. Sabato in particolare, con febbre e dolori forti, ho solo potuto dormicchiare. Domenica un poco meglio. Lunedì sono poi andato al lavoro con la sensazione di resurrezione, di una nuova vigorosa forza dentro, l’ho pure detto.
Dopo questa "morte", lo stare bene - che di solito non si riesce ad apprezzare sino in fondo - mi dà questa gioiosa sensazione di euforica resurrezione, quando torni a poterti muovere, piegare, agire, respirare, starnutire persino.
Questa resurrezione del corpo è evento assolutamente umano e certamente comprensibile a tutti, non necessita una fede per fare esperienza di "stare meglio".
Stamani, nel silenzio del mio eremo – in cui solo risuona lo Stabat Mater di Dvorak, in queste dinamiche e in sintonia col mondo cristiano odierno, ho ripescato parole perfette per questa giornata, e ve le condivido. Da "un'antica «Omelia sul Sabato santo»". (PG 43, 439. 451. 462-463), reperibile per intero sul sito http://www.vatican.va/spirit/documents/spirit_20010414_omelia-sabato-santo_it.html
La discesa agli inferi del Signore
Che cosa è avvenuto?
Oggi sulla terra c'è grande silenzio, grande silenzio e solitudine.
Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano.
Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi.
...
Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell'ombra di morte.
...
A coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati!
A coloro che erano morti: Risorgete!
A te comando: Svegliati, tu che dormi!
Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell'inferno.
Risorgi dai morti.
Io sono la vita dei morti.
Risorgi, opera delle mie mani!
Risorgi mia effige, fatta a mia immagine!
Risorgi, usciamo di qui!
Tu in me e io in te siamo infatti un'unica e indivisa natura.
Per te io, tuo Dio, mi sono fatto tuo figlio.
Per te io, il Signore, ho rivestito la tua natura di servo.
Per te, io che sto al di sopra dei cieli, sono venuto sulla terra e al di sotto della terra.
Per te uomo ho condiviso la debolezza umana, ma poi son diventato libero tra i morti.
...
Il nemico ti fece uscire dalla terra del paradiso. Io invece non ti rimetto più in quel giardino, ma ti colloco sul trono celeste.
...
Ora faccio sì che i cherubini ti adorino quasi come Dio, anche se non sei Dio.
Il trono celeste è pronto, pronti e agli ordini sono i portatori, la sala è allestita, la mensa apparecchiata, l'eterna dimora è addobbata, i forzieri aperti.
In altre parole, è preparato per te dai secoli eterni il regno dei cieli.
(foto mia - Umbria 2011)
sabato 19 aprile 2014
venerdì 11 aprile 2014
Trenta ore d'ospedale
Era da forse tre anni che non facevo un po’ di ospedale. Questo era in aria da tempo, poi è rapidamente accaduto. Trenta ore in ospedale, ogni tanto, mi paiono salutari (e naturalmente parlo per me, come sempre)! Salutari perché rimettono la palla al centro, azzerano tante cose inutili, fanno un po’ di pulizia anche se lì per lì non ne senti l’esigenza.
Intervento in anestesia locale. Mi ha operato un chirurgo con cui c’erano conoscenze comuni. Nell’attesa si liberasse la sala operatoria ci siamo fatti delle grandi risate, insieme ad un altro chirurgo di passaggio, tanto che temevo uscisse qualcuno a farci un urlo. Poi all’anestesia una dottoressa molto umana, grande. Insomma, tutto col cuore leggero.
I problemi più grossi li ho avuti per via del letto, non proprio adatto alla mia schiena. Il dolore dell'intervento è giunto molto dopo, ma decisamente tollerabile.
Il mio collega di stanza, un uomo anziano e con diverse disavventure sulle spalle, aveva passato momenti difficili il giorno precedente. Mi ha raccontato di questo e di tanta sua vita. Lui e la moglie, quando son partito, si son resi conto che solo mi avevano visto giungere e solo mi vedevano partire, sbilenco. Certo, avevo avuto diverse visite, c’era chi faceva da autista (grazie!), ma loro mi vedevano solo. E sicuro lo star male e pure una convalescenza in questa solitudine non sono una passeggiata.
Poi sono stato a fare il terzo figlio da mia figlia, per parecchi giorni. Praticamente sequestrato: “In quella casa non puoi stare solo, e poi le scaleeee!” Mi ci vien da ridere un po’, ma pure questo è Vangelo: “Quando sarai vecchio altri ti condurranno!” Allora si parlava solamente di vecchiaia e non certo di matrimonio in solitudine, impensabile.
In ospedale e poi in convalescenza, con me diversi libri. Due ne ho letti, in alternanza. Samuel Beckett e don Primo Mazzolari. Sembrano lontanissimi tra loro, eppure si toccano. O almeno: io li faccio toccare.
Parlano dell’uomo, del suo esistere. Da angolazioni molto diverse ma alla fine tutto pare convergere.
L’angoscia che toglie il respiro, in Beckett. Il teatro dell’assurdo (a volte manco troppo), situazioni esasperate che ben rendono la solitudine, il dolore del vivere, l’incomunicabilità, “un qualcosa circondato dal nulla”. Scritto tanti anni fa, ma quasi profetico. O forse: l’uomo è sempre l’uomo.
Don Mazzolari non lo conoscevo, un libro regalatomi da tempo. Un parroco di paese scrive nel 1940 dei discepoli di Emmaus, ma scrive intorno all’uomo di sempre, pure lui. Un’attualità incredibile nella visione della realtà, e specie della Chiesa, come se nulla fosse cambiato negli ultimi settant’anni.
E ci trovo molto che mi riguarda. Dovrò rileggerlo, in maniera più analitica.
“Bisogna avere occhio a Dio e all’uomo: raccogliere il gemito che sale e il raggio purissimo che discende, se vogliamo rispettare e aiutare il momento umano della verità, che è il momento che ci riguarda. Chi conosce bene se stesso è in condizione di capire il momento umano…”
“La speranza è un credito fatto a Dio oltre ciò che l’uomo può vedere e capire. La beatitudine incomincia dove finisce il vedere: Beato chi crederà senza aver visto. I pazienti e gli audaci, che son poi i veri “umili di cuore”, preparano il Regno, rinunciando ai propri piani e sforzandosi di entrare nei piani divini.”
I pazienti e gli audaci: bellissimo, pare di parlare dei separati, di questa mia "involontaria categoria”: “preparano il Regno, rinunciando ai propri piani e sforzandosi di entrare nei piani divini”!
(foto mia, Biennale Venezia 2012)
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