Sono di ritorno da una rapidissima puntata al nord, trentadue ore in tutto, di cui buona parte passate in treno.
Avevo un invito a cui si può solo aderire. Mi è stato chiesto di dire quanto sto vivendo in questa fase della mia esistenza.
Nei giorni immediatamente precedenti mi sono ammalato, poi era un freddo glaciale… insomma, c’erano tanti buoni motivi per starsene a casa. Oltretutto, sapevo di avere dinanzi un insieme di persone di cui poco o nulla sapevo. Praticamente, un tuffo nell’ignoto.
Sono invece partito in una gelida pre-alba conscio che quanto vivo non dipende da me, non ho certo scelto io questa condizione di vita, e quindi indubbiamente rientra nei piani di Dio. Quel che comunemente si chiama volontà o permissione di Dio. Come a dire: non la mia, ma la tua volontà si compia.
Che per lo sposato cristiano si compie primariamente nella volontà del coniuge.
È certo vero che della mia vita so bene, potrei parlarne per giorni, ma bisogna sapere cosa e come dire, e poi concentrare a quel che solo conta, il soprannaturale. (Ma chi sono io per tutto questo?)
Mi son trovato anche a rispondere a domande su quanto detto, ed alcune erano davvero “toste”. Mi aspettavo il massacro, perché so di essere dirompente. D'altronde mi accade tutti i giorni: perché vivi solo? Perché sei fedele? Perché il dolore? Perché?
Due anziane signore son state molto affettuose, hanno cercato di convincermi che la vita è un soffio, è già finita, e bisogna darsi da fare.
Il feedback che ricevo è molto positivo. Ma il tutto non dipende da me, so bene di essere nessuno, io ho piena coscienza della mia pochezza. Strumento, come scriveva la mia amica nello scorso post, solo strumento: più scorzato = più funzionale.
Come tutte le cose di Dio, sapevo che ad ogni “sacrificio” corrisponde una crescita moltiplicata, ne avevo già esperienza. E questo è stato.
Il mattino dopo, altra alba, neve e ghiaccio. Il treno pare abbia trovato i binari ghiacciati per cui ci ha messo il doppio del tempo programmato. Arrivo trafelato a prendere la coincidenza a Firenze, e il treno mi parte sotto il naso… E trovo un altro lasciato a terra, come me. Parlando, vien fuori che ho lasciato la mia automobile quasi sotto casa sua. Mi offre un passaggio. Prendiamo un altro treno per una fermata intermedia, ove ha lasciato la sua macchina. Alla fine arrivo a destinazione prima dell’orario previsto se tutto fosse filato liscio, incredibile!
Incontro occasionale di due sconosciuti, ci diciamo alcune cose di noi. Intuisco che anche lui sta separato, e torna da week end in altra realtà. Poi infatti mi dirà che si è inventato una fidanzata al nord, dopo la separazione.
Lui torna da un week end d’amore. Pure io! Ma situazioni decisamente diverse.
Ricordo le due signore che nel volermi bene hanno invano tentato di persuadermi che dovrei vivere in quest’altra maniera.
Sarà che sono un testardo abruzzese di montagna, sarà che sono un “ariete”, sarà che sono rapito da questo Dio bello della mia infanzia che continuamente ri-scopro nel vivere, sarà che così bene non sono mai stato… insomma, non mi compare la minima voglia di vivere week end di altro amore.
E garantisco che la solitudine non è facile, la vecchiaia avanza davvero.
(foto mia, Umbria 2008)
mercoledì 12 dicembre 2012
venerdì 7 dicembre 2012
Sursum corda!
Alcune settimane fa, quando qui in Umbria si è scatenato il nubifragio, avevo da incontrare degli amici e, da perfetto incosciente (forse), son tornato a casa la sera tardi.
Per strada era un diluvio mai visto, pericolosissimo, e le macchine viaggiavano incolonnate sulla destra, sui 60 km orari, mentre gli autotreni sfrecciavano veloci in corsia di sorpasso. Nemmeno nei film!
Son rientrato in casa giusto in tempo: poco dopo sono esondati due fossi e mi son trovato circondato dall’acqua, e qualcosa è entrato pure in casa e in cantina. In quei momenti, mentre vedevo l’acqua salire di livello e tentavo di arginare la marea silenziosa e inesorabile, mi veniva da parlare col Cielo, col mio Dio che certo vedeva quanto stava accadendo. Forse ho pregato, istintivo. Ma ero preso dal “fare”, non potevo fermarmi, completamente fradicio e infangato.
I danni alfine son stati davvero pochi - poteva accadere molto peggio - poi l’acqua ha trovato una via d’uscita ed è defluita via, rapida e rumorosa, di un rumore non bello, inquietante.
È piovuto ancora, negli scorsi giorni, e la terra pare non voler più assorbire acqua, laghi oramai fangosi ovunque. Tornando da una fugace visita al nipotino, la luna veniva riflessa ovunque, pareva di stare dentro una laguna. Uno spettacolo nuovo e bello, seppur preoccupante.
Mio figlio è partito, anche lui con la sua bella dose di incoscienza (forse), a lavorare dall’altra parte del globo. Un tuffo nel buio, e non è la prima volta. Avevo ansia: è così ad ogni partenza anche se so bene che tutto è nelle mani di chi può.
A casa trovo posta, mi ha scritto Gennaro, un caro “amico di email”. Incredibile come spesso riesca a scrivermi parole precise per la mia vita, in un modo poetico e particolare: “Vai avanti: il più è fatto; il più bel cielo porta la nostra coda che è sulla terra”.
Stamani sto male, coliche, i miei dolori di sempre. Con sacrificio riesco ad avere i soliti orari, la macchina mi segnala che devo urgentemente mettere carburante. Mi fermo, sono nella nebbia. Battute col benzinaio, poi rientro sulla strada. Pericolo di ghiaccio. Sono cosciente che ho una vita sola, e la sto vivendo al massimo. Anche facendo le piccole cose di ogni giorno, senza eventi particolari. Come tutti, quasi tutti sulla terra. Penso a mio figlio che macina migliaia di chilometri come acqua fresca, e affronta mondi nuovi in lingue sconosciute. Io son qui, nella nebbia solita, ma il cuore sta su, molto su.
“Sursum corda!” diceva il celebrante alla messa in latino (vado a memoria): In alto i cuori!, e si rispondeva: “Habemus a dominum”: Abbiamo un Dio! Bellissimo.
Tutto pronto per pubblicare... ma faccio mio quanto mi scrive una carissima amica:
"Oggi... 7 dicembre, un sì all’umanità che patisce, che spera, quella che mi passa accanto... o quella che piange e vuole una consolazione, quella che soffre e vorrebbe trovare un filo di speranza… seppur inadeguatamente fa' o Signore che la trovino in me, in uno sguardo una parola un gesto ‘adeguato’... fa’ che arrivi TU attraverso di me!"
(foto mia, Umbria 2011)
Son rientrato in casa giusto in tempo: poco dopo sono esondati due fossi e mi son trovato circondato dall’acqua, e qualcosa è entrato pure in casa e in cantina. In quei momenti, mentre vedevo l’acqua salire di livello e tentavo di arginare la marea silenziosa e inesorabile, mi veniva da parlare col Cielo, col mio Dio che certo vedeva quanto stava accadendo. Forse ho pregato, istintivo. Ma ero preso dal “fare”, non potevo fermarmi, completamente fradicio e infangato.
I danni alfine son stati davvero pochi - poteva accadere molto peggio - poi l’acqua ha trovato una via d’uscita ed è defluita via, rapida e rumorosa, di un rumore non bello, inquietante.
È piovuto ancora, negli scorsi giorni, e la terra pare non voler più assorbire acqua, laghi oramai fangosi ovunque. Tornando da una fugace visita al nipotino, la luna veniva riflessa ovunque, pareva di stare dentro una laguna. Uno spettacolo nuovo e bello, seppur preoccupante.
Mio figlio è partito, anche lui con la sua bella dose di incoscienza (forse), a lavorare dall’altra parte del globo. Un tuffo nel buio, e non è la prima volta. Avevo ansia: è così ad ogni partenza anche se so bene che tutto è nelle mani di chi può.
A casa trovo posta, mi ha scritto Gennaro, un caro “amico di email”. Incredibile come spesso riesca a scrivermi parole precise per la mia vita, in un modo poetico e particolare: “Vai avanti: il più è fatto; il più bel cielo porta la nostra coda che è sulla terra”.
Stamani sto male, coliche, i miei dolori di sempre. Con sacrificio riesco ad avere i soliti orari, la macchina mi segnala che devo urgentemente mettere carburante. Mi fermo, sono nella nebbia. Battute col benzinaio, poi rientro sulla strada. Pericolo di ghiaccio. Sono cosciente che ho una vita sola, e la sto vivendo al massimo. Anche facendo le piccole cose di ogni giorno, senza eventi particolari. Come tutti, quasi tutti sulla terra. Penso a mio figlio che macina migliaia di chilometri come acqua fresca, e affronta mondi nuovi in lingue sconosciute. Io son qui, nella nebbia solita, ma il cuore sta su, molto su.
“Sursum corda!” diceva il celebrante alla messa in latino (vado a memoria): In alto i cuori!, e si rispondeva: “Habemus a dominum”: Abbiamo un Dio! Bellissimo.
Tutto pronto per pubblicare... ma faccio mio quanto mi scrive una carissima amica:
"Oggi... 7 dicembre, un sì all’umanità che patisce, che spera, quella che mi passa accanto... o quella che piange e vuole una consolazione, quella che soffre e vorrebbe trovare un filo di speranza… seppur inadeguatamente fa' o Signore che la trovino in me, in uno sguardo una parola un gesto ‘adeguato’... fa’ che arrivi TU attraverso di me!"
(foto mia, Umbria 2011)
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