Sapevo di non essere “normale (a parte che vorrei sapere, finalmente, chi è normale, se qualcuno ne esiste)...
Sapevo con certezza di non essere nella "norma" da almeno nove anni, dal giorno del divorzio, in sostanza. Quando tornai a casa e mi trovai, in una telefonata con mio figlio, a definire quel giorno che volgeva al termine come “il più bello della mia vita”. E certo non perché fosse da me voluto il divorzio, tutt’altro: subìto al 100%.
Però quel giorno accadde qualcosa che, in vario modo, mi accompagna tutti i giorni e tutte le notti.
La presenza di Maria accanto a me, dinanzi ai tre giudici allora e poi sempre.
La certezza del fare la cosa giusta (non il divorzio, ma l’aderire ai voleri della mia sposa). La certezza che l’amore supremo si stava consumando in quel momento, nella "morte" del mio matrimonio.
Morte che era ed è un passaggio, nel senso cristiano del termine. Morte che, se vera, totale, diviene svolta della vita, causa di resurrezione, fonte di serenità (stavo per scrivere felicità, ma è una parola che continua ad incutermi sacro timore… serenità mi pare già un traguardo inimmaginabile).
Ecco, con questo cuore oggi, domenica di giugno, mentre sto pranzando sul terrazzo del mio eremo, con la vista su un piccolo pezzo di mondo, al profumo di tiglio che sovente mi giunge portato da una leggera brezza, unito al silenzio alternato a canti di passeri qui sul noce, e ad altri profumi e silenzi, respiro la natura che mi circonda e di cui sono piena parte… e sto a considerare del passato e della vita e del presente e a rendere ancor più, se possibile, grazie al cuore di Dio.
Anni fa, pressato dentro da una serie di domande importanti, chiesi un colloquio ad un anziano filosofo e teologo di grande spessore. Un uomo che davvero sapeva tanto di Dio, per esperienza diretta e profondissima. Tra le altre cose, gli chiesi del dolore di Dio. Lui sorrise, e mi confermò: sì, Dio soffre. In fondo, era tutto ben chiaro sin dalla parabola del figliol prodigo.
Ma se Dio soffre significa che gioisce pure, in altre circostanze... dipende dall'uomo, come sempre. Con la libertà di cui gode, l'uomo può donare - e donarsi - dolore o gioia, dipende solo dal suo scegliere, attimo dopo attimo.
Essere causa del dolore di Dio? Essere causa della gioia di Dio? Non ci si riesce nemmeno a pensare.
Questa piastrella mi appartiene, anzi appartiene alla mia casa attuale, risale alla costruzione, presumo primi anni '50, incastonata sul portone di ingresso. Ho una certa consuetudine con la ceramica, e di fatto non le ho mai dato molta importanza, oltre alla presenza (non solo iconica) della Madre eterna. Poi è accaduto che ho fotografato da vicino e mi son reso conto di essere un cieco. Questo dipinto parla. Gli occhi del bambino, la sua carezza a un volto desolato... ma la cosa imprevista, arrivando ad un ulteriore blow up... è il taglio sulla fronte (presumo nato in cottura della ceramica) che è proprio ciò che guarda il bambino... pare carezzare e consolare la Madre dello squarcio sulla testa, che al momento della pittura certo non c'era.
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Oggi giornata di pioggia autunnale, ho avuto un cambio di programma, riaccedo qui dopo diverso tempo, e trovo questa bozza di post (quasi) pronta di cui non avevo memoria (scritta in una domenica di giugno, pare!) e trovo 378 visite al blog nell'ultimo mese, pur senza uscite da due mesi abbondanti!
Beh, non ho parole. Questo è un blog di nicchia, tutte queste visite mi fanno pensare di avere dei doveri, verso chi mi legge (che di cuore ringrazio per la fiducia!).
Devo cercare di scrivere di più, e costante. Ci proverò. Le cose da fare paiono essersi moltiplicate, tanta stanchezza, qualche acciacco di salute con gli anni che comunque avanzano... Ma ce la faremo, no?
Dimenticavo: qui una delle cose fatte nel frattempo > video del mio intervento al convegno annuale della Fraternità Sposi per sempre...