giovedì 29 settembre 2016

La prima e l'ultima

Stamani ho ricevuto una telefonata, molto presto. Un poco allarmato: era mio fratello, semplicemente per ricordarmi che oggi era un giorno speciale.
Arghh! Una data importantissima della mia vita, ci stavo già dentro, e senza accorgermene. Grazie!
Venticinque anni or sono, al termine di una discreta agonia - opera di uomini - mio padre partì per la destinazione finale. E non voleva partire! Una vita dura, e una fine ancor più.

Quando lo accompagnammo in chiesa, ci stava un mare di gente che lo attendeva per strada, la chiesa poi piena. Dissi, come tra me: "Tutta questa gente a festeggiare, papà sarà contento!" venni rimbrottato: "Macché festa: questo è un funerale!"
E oggi lo direi ancor più, e con cognizione di causa aumentata. Quello che ho vissuto io in questi anni, e visto vivere, mi porta inevitabilmente a concludere che si “deve” amare. Amare le persone, diffondere gioia se possibile, donare serenità, un sorriso. Che ci si guadagna sempre, oltretutto. Qualcuna insegnava “Vedere Gesù nell’altro”, ma già il Vangelo era chiaro: “Qualunque cosa fatta al minimo…” e, tanto per rimanere nei pressi di “in-separabili”: qualunque cosa fatta in primis al tuo coniuge, alla creatura di cui hai promesso, per sempre(!) di occuparti, di portarla in paradiso… essì, che questo in ultima analisi è il senso del matrimonio.

Il vento di stasera, superbo e freddo, rammenta molto da vicino quella sera di venticinque anni fa, forse un poco meno gelido. Quando sopraggiunse il tramonto, il cielo era di un blu assoluto, le stelle parevano tangibili, tutti intirizziti ed io col cuore decisamente stravolto.
Adesso ero io, nel senso della storia, il prossimo. Di padre in padre, in fondo ci si passa pure questo testimone. E stavo nel pieno della crisi esistenziale, dell’infinito deserto che qualche anno dopo sarebbe poi terminato, al culmine del dolore - quasi una traumatica caduta da cavallo come Saulo - nello svanire della mia sposa.

Già: continuerò ancora a ringraziarla perché, in questo vortice inarrestabile che mai si cheta, pare mi chieda sempre più di amarla col cuore di Dio. Ovvero: nei miei ovvi limiti, ma proiettato “come se"…
D'altronde al termine, ed eccolo - poco manca, di questo mi si chiederà: dell’amore dato, specie a lei, a colei che ho sposato: per me la prima e l’ultima, nell’ordine di Dio.

(foto mia, Assisi 2016)

sabato 24 settembre 2016

Ho cura


È buffo, molto buffo, ritrovarsi in una sconfinata solitudine dopo decenni che stai solo.
È buffo, molto buffo, tornare qui all’eremo e udire un silenzio agghiacciante, che sa di eterno. Un silenzio calmo, fermo e pur turbinante.
È buffo, molto buffo, la notte ennesima che avanza e sentire di stare solo nell’universo e avere con sé, non visibili ma tangibili, ben cinque ineffabili Realtà. Le più!
È buffo, proprio buffo, sentire il primo vento del nord di nuovo, amato, incuneato nella stretta ripida via in cui hai lasciato il cuore. E udire la nostalgia a mille.
E buffo, proprio buffo, sentirsi chiedere da un vicino della ex casa: “ma adesso fai il turista”? 
È buffo, proprio buffo, casualmente accompagnare due amiche a visitare un santuario di Maria proprio il giorno che i destini paiono compiersi.
È buffo, davvero buffo, aver bisogno di piangere forse, e riuscire solo a ridere e sorridere.
È buffo, davvero buffo, riprendere qui a pubblicare, dopo mesi di blocco, per via del vento, del sangue, dell’autunno incipiente.
È buffo, troppo buffo, alla mia età cominciare a capire di non aver capito nulla. Finalmente, di nuovo, si ricomincia.
È bello, molto bello, ricevere telefonate, sms, messaggi whatsapp che ti dicono presenze con te e nei tuoi paraggi nei momenti clou.
È incredibile, quasi impossibile, rendersi conto che cose chieste da bambino si realizzano, per quanto in termini e modi inimmaginabili.
È sorprendente ricevere insulti e calunnie per cose in cui non c’entri, e che nascono da equivoci nella migliore delle ipotesi, e continuare a sorridere ed amare ed andare oltre.

Ho rivisto un amico, carissimo. Mi ha confidato alcune cose di sé, importanti. Mi ha detto, anche, di quanto apprezza quei pochi che hanno cura delle piccole cose (e solo i grandi sanno avere occhi per il piccolo).
I care, diceva don Lorenzo Milani. Ho cura: il contrario del “menefrego”.
Dal cuore, sempre, nasce tutto, e al cuore torna. Pure queste centinaia di amici che ho, sparsi ovunque, e con cui circola sangue vero.
Aiutaci Padre ad avere cura, ad essere I CARE, e a non sapere i menefrego…

(foto mia, Umbria 2016)