Mi son svegliato, poco fa, con una parola che mi sorgeva dalle notti, dimenticata: resilienza.
E... cosa significava? Cerco su web: “Capacità di sostenere gli urti senza spezzarsi… In fisica e in ingegneria resilienza indica la capacità di un materiale di resistere a un urto, assorbendo l’energia che può essere rilasciata in misura variabile dopo la deformazione.”
Chissà da dove mi nasce, stamani, stà parola. Ricordo di averla già usata, conosciuta. Ma ora mi sfuggono i particolari. Di questa come di tante altre cose…
Ieri sera è accaduto di nuovo, anche se in forma meno significativa, forse.
Una fase di buio assoluto, come un reset improvviso del sapere e del vivere proprio. Poi piano piano riprendere a riconnettere il quadro dell’esistenza, l’adesso e il chi e il come. Ma molto lentamente.
Cena con figlie, genero e nipotini: tutto molto bene. Avevo preparato io la cena, loro tornavano dal mare ed io ho organizzato il mio catering solito, nei minimi particolari. Al termine riaccompagno la piccola a casa (“piccola” relativo, ovvio) e poi, forse appena salgo le scale di casa, ho questa sensazione di vuoto della mente. Tutto azzerato. Come un passaggio in un tritacarne.
Poco dopo, arrivo ad accendere il pc ma con scarsa convinzione della pw che avevo in mente. Tutto suonava anomalo, il tempo pareva immobile. Ovattato, la stasi assoluta.
Riesco a scrivere al gruppo The Ricci Family su whatsapp: a qualcuno devo comunicare.
Era già accaduto qualche mese fa, ma con un buco temporale forse maggiore. Al Pronto Soccorso e poi la visita specialistica: dissero di una cosa passeggera e senza rilievo.
Dimenticare, azzerare tutto, ricominciare da capo. Un buco di pochi attimi che fa blackout del passato, come un distacco di alimentazione al pc che cancella il lavoro in corso. Quanto basta per azzerare informazioni e dati e dolori. Ti trovi in altra dinamica, relativizzi tutto. Sei te e te, ora e solo ora. Altro non esiste. Sensazione come di asfissia della mente. L’uomo è quello che sa, e se azzeri… nemmeno più le chiavi di casa trovi.
Se ce la fai, metti nelle mani di Dio. E già ci stai, comunque. Ma importante è averne la cognizione, no?
Più che mai, sei uno zero assoluto che veleggia nello spazio infinito, nel cosmo, e non sa quale è la regola, la legge che lo porterà… ma dove? Però si affida, in una sensazione di impotenza terribile. Perdere il controllo della mente, dei ricordi, del corpo. La mente che non ricorda chi sei. Sei tutto quello che sai, e sai chi sei stato, la tua storia, il tuo vissuto. Sai chi sei. Sei chi sai. E domani? Perché stai solo? Perché? Con l’amnesia dove vai, specie solo?
Credo che un reset globale a volte possa pure essere agognato, si cancellano soprattutto i dolori. Ma non mi piace.
Onestamente debbo dire che ci tengo molto al mio vissuto, nel bene e anche nel male.
Non posso nascere a questa età come da un parto.
Posso e devo nascere dalla vita vissuta, che vale molto più dell’azzeramento totale del passato. Sono il frutto del mio passato: ogni momento è stato, ed è, importante. Poi scelgo io come viverlo, specie il negativo, che poco comunque non è stato.
Penso alla lapidazione dell’adultera. Narrano i Vangeli (cito a memoria) che, tutti pronti a lanciare pietre, all’intervento di Gesù, presero a lasciare le pietre in terra a cominciare dai più vecchi, e se ne andarono.
Chi è senza peccato? Cominciano gli anziani a lasciare le pietre: loro hanno più peccato, più tempo per peccare e forse anche più consapevolezza.
Chissà, si può maturare davvero, con gli anni.
E questa è la “grande bellezza” di tale possibilità che direi unica nella storia: il positivo che nasce dal negativo, il bene che implode dal male. E forse addirittura direttamente proporzionale!
Mi piace pensare ad Agostino di Ippona, mi piace pensare a Paolo di Tarso.
E io sono Paolo, proprio questo qui, oggi, coi limiti certi e conclamati e con carattere e caratteristiche uniche e amate. Se non altri, amate da Dio sicuro.
(foto mia, Barcelona, estate 2014)