martedì 4 novembre 2025

un film da Oscar?

Ogni tanto mi tocca udire la battuta: "Ti stai facendo un film!" o, ancor peggio: "Sennò ti fai un film"...

Certo, parrebbe molto possibile che mi sia autocostruito una "realtà parallela" in cui vivo da quarantaquattro anni, dal momento del matrimonio. Anzi, casomai ancor più probabile, dai ventidue anni di vita in solitudine (ieri mi è stato detto, con molto affetto: "ma quanto è più bello invecchiare in due?" Condivido appieno, of course, lo so bene ma non dipende da me,  grazie!).
Però però... ad entrare dentro sta storia del film c'è davvero tanto da imparare. Io poi un pò di cinema lo mastico, ancor più di sceneggiatura. E quindi cosa ne tiriamo fuori?

Direi che è certamente vero che vivo dentro un film, il mio film, il film della mia vita. Al di là delle battute più o meno offensive, siamo alla verità. Sono dentro al mio film, come ciascun vivente sulla terra. 

Anzi, andiamo a scansionare bene. Quando si nasce ci sta per ciascuno un bel soggetto e una valida sceneggiatura pronta. Tutto scritto, sicuramente altrove, che non vediamo, non sappiamo. A noi resta da imparare la parte man mano che ci si rivela e viverla, entrare nel personaggio e recitare bene agli ordini del Grande Regista, una recita da Oscar, possibilmente.
Certo, ci stanno pure gli imprevisti: se chi ha da recitare con te se ne va a farfalle? Il Regista aggiorna in tempo reale le disposizioni, e devi stare attento a comprenderle, ovvio, ed aggiornarti al volo, intuire le novità del copione, più lesto della luce!

Peraltro, in questo film del mio passaggio sul pianeta terra, invecchiando, mi trovo sempre più spesso a collegare la mia parte attuale con quella del Paolo che fu, decenni or sono. Nascono collegamenti inaspettati e sorprese abissali. Della serie: tutto già scritto, sei solo tu un poco lento a ricostruire la storia!

La sceneggiatura del mio-film-bambino diceva certamente della felicità da costruire qui ma sicura poi, al termine. Debbo dire che invece nel corso degli anni mi sono reso conto che la felicità poteva essere anche qui, subitanea, in maniera naturalmente ben diversa da come si presume di solito. 
La formula del rito matrimoniale, all'epoca mia, recitava: "nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia..." e naturalmente sfido chiunque a negare che al momento si sia sempre e solo pensato alla gioia e alla salute. Ma alla fine, mi pare, sono facce diverse della stessa moneta.

Qualcuno ricordava, nella recente giornata di Ognissanti, che ci sono due Beatitudini che parlano al presente, mentre le altre tutte al futuro. 
Beati i poveri di spirito, beati i perseguitati a causa della giustizia: perché di essi é il Regno dei cieli. É, non: sarà. É ora adesso subito immantinente! 
E certo: se non ora, quando?
E d'altronde la vita è davvero breve, me ne accorgo specialmente in autunno all'accorciarsi, naturalmente sensoriale ma non reale, delle giornate. Quando sembra che il tempo voli via e veramente vola via - come sempre - mentre in estate la giornata pare non finire mai, giugno ha il sole fino alle ventuno inoltrate...

Comunque, siamo onesti: i conti si fanno quando vedi se il tuo film, alla fine, prende l'Oscar.
Mi piace qui tornare a Paolo, quello santo - non m.m. - quando dice verità che trafiggono i secoli: "or il mondo passa e la sua concupiscenza pure, ma chi fa la volontà di Dio dura in eterno".
Amen.

(foto: fonte web, pare sia frutto di IA... troppo bella per non condividerla qui, sorry!)

domenica 26 ottobre 2025

LATINORUM!

Ginevra, sono andato a messa in cattedrale di Notre Dame de Geneve. Una messa particolare a cui tenevo da tempo, una messa in gregoriano. In realtà un gregoriano un po' atipico, senza un coro ma con una direttrice e il popolo, in parte in latino e in parte in francese, francese che è lingua molto armonica, come lo spagnolo e il nostro italiano, perciò piacevole. Situazione decisamente bella, per quanto io del francese abbia compreso solamente "alleluja", con tanto incenso e soprattutto tanti giovani, incredibile quasi. E poi tanti asiatici, tantissimi africani, ma qui Ginevra è un mondo a sé, cosmopolita e multirazziale e pure decisamente ricco. 

Ricco naturalmente a vari livelli, ma certo il costo della vita è molto superiore all'Italia, e questo valido per tutti.

Credo che a tratti mi rivenga fuori l'infanzia, quando la vita era dinanzi, da sognare, da costruire, da vivere, e quelle messe da bambino in cui il latino era ancora lingua ufficiale della Chiesa e tutto profumava d'incenso, e noi si faceva a gara a chi suonava la campanella alla messa. 

La cattedrale è precisa, il latinorum ci sta a perfezione, tutto mi evoca altri mondi, altre ere, commozione quasi. 

E oggi alla mia età tutto sempre contribuisce a fare i conti col passato, sentire cantato Credo in unum deum mi riporta al mio dover essere, alle mie scelte di vita già di 60 anni fa, alla discreta quantità di errori compiuti, assolutamente imprevedibili e, col senno del poi e la coscienza in funzione, certamente utili nelle dinamiche celesti dell'oggi. 

Utili perché divengono continua causa di crescita, forse la sola cosa importante per Iddio, la crescita dell'uomo in Lui, nel Suo cuore. 

Col senno del poi e la coscienza in funzione, si può solo dire: grazie! Grazie per la presenza costante di Maria e direi pure dell'Angelo Custode, grazie perché quando trovi la formula per tramutare tutto in oro, e quindi persino dare valore al negativo, in piena coscienza devi dire: solo grazie, per tutto e per sempre.

(foto mia, Geneve 31 agosto 2025)

venerdì 20 giugno 2025

Noi, che ci chiamano baby boomer /1

Canta Battiato: più si invecchia più affiorano ricordi come se fosse ieri...

(e qui risaliamo a 52 anni indietro!)

Ieri notte, nella mia oramai frequente insonnia, mi implode questo ricordo bello, impellente: primi di agosto 1973, il mio primo viaggio da solo in macchina, un'emozione forte. Avevo preso la patente appena possibile dopo compiuti i 18 anni, da privatista, come si usava all'epoca per ridurre i costi. Mio importante aiuto fu Antonio D., grande amico pur che abitava dall'altra parte di Roma, con la macchina della mamma. Una Opel Kadett color caffellatte che era sostanzialmente una derivazione di un panzer tedesco della guerra mondiale. Ma erano così le macchine tedesche, io poi presi una Ford Escort 940 due porte, struttura analoga, consumi da paura, ripresa zero e frenata idem; eppure sono ancora vivo, zero incidenti (seri). 

La mattina del 2 novembre 1972 eravamo nei pressi di san Giovanni, a Roma, con Antonio e la macchina della mamma (grande donna evidentemente, una che metteva la sua automobile a disposizione di uno sconosciuto amico del figlio), a fare l'esame pratico di guida. Avevo fatto le guide con la Kadett e con la 126 con Egidio S., un grande della storia che all'epoca non ero in grado di comprendere. Ma avevo 18 anni e capivo praticamente quasi nulla, per quanto la testa fosse piena di bei progetti.

Questa patente e la macchina disponibile cambiarono la vita mia e della famiglia, ora c'era una autonomia di mobilità, non era poco!

Quell'anno, 1973, dopo tre anni di Mariapoli fatti a L'Aquila all'Istituto Salesiano, c'era Assisi, la Cittadella... a me si apriva un nuovo mondo. Oggi ci vivo nei pressi, all'epoca mi era inimmaginabile.

Ho memoria certa di un viaggio mattutino, dopo aver a lungo studiato il percorso, con le cartine sul sedile destro, luoghi mai visti, strade sconosciute, e ci si poteva solo fidare dei cartelli, del senso di orientamento, e delle cartine che all'epoca erano la sola fonte di conoscenza del territorio. Credo di essermi fermato tante volte per verificare la strada, e di aver certo sbagliato. Cosa molto possibile, sbagliare strada... importante poi ritrovarla, pure nell'esistenza. 

Partivo dai pressi de l'Aquila e andavo ad Assisi, in linea d'aria non tanti chilometri ma sicuramente ci avrò messo parecchio, per cui arrivai ora di pranzo con grande emozione e gioia. Ritrovare il mio ambiente romano trasferitosi per l'occasione ad Assisi era cosa bellissima. Poi andare in Mariapoli significava andare nella città di Maria a costruire la città di Maria. E questo era il top, era il momento importante dell'anno. Quando andai la prima volta nel 1970, avevo 16 anni in piena immane grandissima crisi adolescenziale, ebbi una folgorazione radicale. Avevo trovato quello che serviva a vivere giusto, a vivere secondo i miei sogni. Si chiamava Ideale, a 16 anni scoprire l'ideale più grande possibile e vederlo reale e travolgente: notevole! Poi per carità, magari accade con gli anni che ti scordi tutto e vivi altro... evidentemente però la tua storia è quella. 

Ricordo un caldo atroce, acqua poca e calda, le dure salite per andare a dormire nella tendopoli piazzata in un oliveto di suore su ad Assisi alta. Ero con la mia tendina Callegari & Ghigi acquistata tre anni prima a 9.500 lire (sì, avete ben compreso: l'equivalente di meno di 5 euro di oggi...). Andai a comprarmela con i risparmi accantonati (!) in autobus, il mitico 60 che faceva capolinea a viale Trastevere, attraversando Roma in una calda ma per me euforica mattina estiva. Per la cronaca: la tenda ancora esiste e funziona, qualche anno fa l'ho montata per giocarci coi nipoti...

Ad Assisi c'era molto da lavorare per preparare, e certamente fui molto impegnato. Per il sabato sera mettemmo in scena il solito spettacolo, che però stavolta era una cosa un po' particolare, tale da rimanere nella storia, almeno quella nostra. C'era con noi Daniele R. con il suo musical Resurrezione da mettere in scena in prima mondiale. Chi suonava chi recitava chi mimava. Io fotografavo, of course. Ci fu un grande concorso di energie e il risultato fu memorabile, nelle nostre menti giovani. 

Poi la vita passa, a venti anni anni sei padrone del mondo perché hai ancora tutto da sognare edificare vivere. È giusto così.

Da quella memorabile mattina agostana ho viaggiato tanto, e troppo spesso da solo. A occhio in oltre cinquanta anni dovrei aver fatto almeno un milione di chilometri, e non ho vissuto in macchina per mestiere, anzi. 

Oggi, a viaggiare da solo non ce la faccio più, è un dolore per quanto banale. E viaggiare è probabilmente una delle cose più belle del vivere.

Del Viaggiare ne scrive Andrei Tarkovsky, che va ben oltre queste mie considerazioni:

C'è un solo viaggio possibile: quello che facciamo nel nostro mondo interiore.

Non credo che si possa viaggiare di più nel nostro pianeta.

Così come non credo che si viaggi per tornare.

L'uomo non può tornare mai allo stesso punto da cui è partito, perché, nel frattempo, lui stesso è cambiato.

Da sé stessi non si può fuggire.

Tutto quello che siamo lo portiamo con noi nel viaggio.

Portiamo con noi la casa della nostra anima, come fa una tartaruga con la sua corazza.

In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l'uomo un viaggio simbolico.

Ovunque vada è la propria anima che sta cercando.

Per questo l'uomo deve poter viaggiare.